Pd di Messina bloccato dalla fronda Genovese Raciti commissario: «Va ricostruito il partito»

«I fatti giudiziari vanno distinti da quelli politici». Con questa convinzione, Fausto Raciti assume il controllo del Pd messinese. Ieri, il commissariamento, a seguito delle dimissioni del segretario provinciale, Basilio Ridolfo. Il leader siciliano dei Democratici assume personalmente le funzioni di commissario, convinto che la «litigiosità dei gruppi dirigenti» sia alla base dell’«assenza di politica» nell’area peloritana.

Proprio l’impossibilità di dirimere le controversie tra il gruppo di Francantonio Genovese, parlamentare attualmente agli arresti e sotto processo nell’ambito dell’inchiesta Corsi d’oro sulla formazione professionale, e le correnti minoritarie, ha indotto Ridolfo alle dimissioni. Uno stallo che non ha permesso di procedere al nuovo tesseramento, né alla costituzione degli organismi locali di governo, invocati a più riprese da renziani, cuperliani, civatiani e quant’altro.

Quella del Partito democratico di Messina, del resto, è una crisi che si protrae da almeno due anni. Già la sconfitta elettorale nel 2013, alle amministrative del capoluogo, lasciava intendere che qualcosa non andasse. L’arresto di Genovese, un anno dopo, è stato un ulteriore segnale. Alla luce di queste considerazioni, forse, il commissariamento avrebbe potuto essere più tempestivo. «Intanto – fa rilevare il segretario regionale – bisogna dividere le questioni. La segreteria di Ridolfo nasce dopo la sconfitta delle amministrative in una logica unitaria per provare a superare le difficoltà che quei fatti ci consegnarono. In merito a Genovese, ho sempre scisso le due questioni e continuerò a farlo sempre. Una cosa sono i fatti giudiziari, una i fatti politici. Sarebbe stato sbagliato scaricare su Ridolfo la responsabilità di una vicenda che non lo riguardava».

Ciononostante, il Partito democratico messinese appare da tempo in stato confusionale. Non ha una posizione unitaria nemmeno su temi che, storicamente, dovrebbero essere di sinistra o di centrosinistra, come il registro delle unioni civili o l’isola pedonale, solo per citarne alcuni. Proprio questa incapacità di fare sintesi fa sì che in consiglio comunale, sempre nel capoluogo, si tenti di allungare il brodo invece di provare la strada della sfiducia di un sindaco, Renato Accorinti, che non ha mai avuto una maggioranza. Per non parlare delle ultime amministrative in provincia, caratterizzate da conclamate lotte intestine, come a Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto.

«A Messina – prosegue – è mancata la politica. Abbiamo provato diverse volte e in più occasioni a rilanciare l’azione del partito, trovando difficoltà enormi, spesso causate dalla litigiosità dei gruppi dirigenti. Commissariare una struttura territoriale non è mai una scelta semplice ma a Messina si è reso necessario. A mio avviso va ricostruito interamente il partito, valorizzando tantissima classe dirigente che, nonostante tutto, in questi mesi si è formata». Quello che Raciti rischia di ritrovarsi, adesso, è un partito ostaggio di un gruppo, quello dei genovesiani, che, come ammesso dallo stesso Ridolfo a Meridionews nei mesi scorsi, si mette di traverso rispetto a un rinnovamento che appare a molti indispensabile. 

Il fatto che il segretario abbia deciso di assumere in prima persona il ruolo di commissario è, tuttavia, dovuto dalla esclusiva necessità di «dare una risposta celere alle dimissioni di Ridolfo, a cui va il mio affetto e ringraziamento per il difficile lavoro che ha provato a portare avanti». «Non è detto che resti io – aggiunge – quello di Messina è un partito che va seguito quotidianamente e al quale va dedicato molto tempo. Il commissariamento va ratificato dalla direzione nazionale e in quella sede, assieme a Roma, valuteremo se sia più opportuno che resti io oppure individuare un soggetto più esterno». E a chi, come primissimi atti, si attende il tesseramento e il rinnovo degli organismi locali, Raciti risponde: «La prima cosa sarà un confronto con i militanti di Messina per capire assieme come rilanciare il partito».

Fabio Bonasera

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