Mondiali di scherma, amarezza rosa Ma Catania ha già la sua promessa

Si chiude male la penultima giornata di gare ai mondiali di scherma per le atlete italiane. A casa senza medaglia la squadra di sciabola femminile battuta dagli Stati Uniti. Ma anche le azzurre del fioretto lasciano la pedana con l’amaro in bocca dopo aver ceduto, venerdì, il primo posto alla Russia. La stessa cattiva sorte era toccata il giorno prima alle italiane della spada individuale. Tra loro, la catanese Rossella Fiamingo, appena ventenne e già nella rosa delle migliori schermitrici italiane. Nonostante l’eliminazione di giovedì nell’incontro con la romena Ana Maria Brânz?, argento a Pechino 2008, molti puntano su di lei per la spada femminile alle prossime Olimpiadi di Londra 2012. «Non avrei dovuto farmi intimorire. Sarebbe servita un po’ di grinta in più che ancora non ho», commenta la sconfitta. E sull’incontro a squadre – che per la spada femminile si disputa invece questa mattina – aggiunge: «Abbiamo buone possibilità di farcela. Dobbiamo puntare alla medaglia per assicurarci la qualificazione alle olimpiadi londinesi».

Giovane e promettente, dopo la vittoria dell’europeo under 17 in Serbia, Rossella entra nella nazionale giovani e conquista il titolo mondiale ad Acireale nel 2008 per la categoria cadetti. Colleziona vittorie di coppa del mondo, confermandosi sempre tra le prime nel ranking. Schermitrice professionista, ma non solo. La incontriamo a margine delle gare per conoscerla meglio.

La scherma non è certo uno sport tra i più comuni. Quando e come è scattata la tua passione per questo mondo?
«E’ nata a sette anni, grazie a mio fratello, il primo in famiglia a fare scherma. Ha iniziato un po’ per caso, incuriosito da un volantino che distribuivano a scuola su un corso. All’epoca io mi dedicavo alla ginnastica artistica. Come quasi tutte le bambine preferivo andare a ballare ma, quando la palestra che frequentavo ha chiuso, mio padre mi ha finalmente convinta a provare. Dopo le prime vittorie ho capito che nel mio dna c’era la voglia di competizione e l’amore per questo sport. Mio fratello ha poi abbandonato. Io invece sono qua».

Hai appena 20 anni e un curriculum sportivo invidiabile. Quale tra le gare disputate fino ad ora ti è rimasta nel cuore o ricordi per un motivo in particolare?
«Prima dell’europeo in Serbia non avevo ancora vinto nulla di importante. Quell’occasione per me ha segnato la svolta. Eravamo due italiane, io e Brenda Briasco che, oltre ad essere la favorita, era la mia avversaria storica. Fino a 16 anni, infatti, l’ho sempre incontrata in tutti i campionati italiani e ogni volta io arrivavo seconda. Batterla in una gara nazionale e vincere gli europei subito dopo mi ha sbloccato e mi ha dato la grinta giusta».

Questa volta non porti a casa nessuna medaglia ma ti sei comunque distinta per le tue prestazioni. Sei la più giovane tra le atlete della rosa di spada femminile nazionale e, in poco tempo, hai raggiunto risultati importanti. Qual è il segreto di questa progressione?
«Nell’ultimo anno sono cresciuta tanto: riesco a leggere bene le azioni dell’avversario e sono intuitiva nel cambiare la chiave di affronto, cosa che non tutti riescono a fare subito senza i suggerimenti del maestro. Per migliorare mi alleno e studio molto analizzando i miei errori. A fine gara guardo sempre i video della competizione per correggermi, mi aiuta tanto».

Quanto ti impegna la preparazione atletica? Come hai fatto negli anni passati a conciliare la vita da studentessa con quella da spadaccina emergente?
«Gli anni della crescita professionale sono stati difficili, ma con il sostegno di tutti ce l’ho fatta. A scuola i professori e i compagni di classe mi hanno sempre sostenuta. Quando frequentavo il liceo artistico ad Acireale, mi allenavo già 3-4 ore al giorno. Ora molte di più.
Dopo il diploma ho scelto la facoltà di Agraria ma le continue partenze mi hanno obbligata a fermarmi. Quest’anno seguirò un corso d’inglese e mi concentrerò solo sulla scherma in vista di Londra 2012. Nelle mie intenzioni però c’è la voglia di riprendere gli studi, magari dopo le Olimpiadi. Una passione che non ho mai abbandonato nonostante gli impegni, invece, è il pianoforte».

Atleta e musicista, quindi. Due passioni molto diverse ma entrambe impegnative.
«Sì. L’amore per il pianoforte è nato, anche questo, da piccola. Quando non gareggio, suonare mi rilassa. E poi sono convinta che nella vita sia importante fare quello che piace, ma non dedicarsi a una cosa soltanto. Bisogna tracciare sempre una seconda strada da percorrere. Tirare di spada e suonare uno strumento sono due cose molto diverse, è vero, ma quando devo affrontare un esame di pianoforte la concentrazione è sempre la stessa, come in un assalto di scherma. La cosa strana è che, quando suono, preferisco non avere pubblico. Invece se tiro di spada mi piace che la gente mi guardi, avere degli spettatori mi dà carica».

Carica che ti è mancata giovedì, davanti alla romena Brânz??
Purtroppo qui a Catania ho avuto un filone negativo perché ho incontrato molto presto questa campionessa olimpionica. Mi è mancata quella determinazione che invece avevo quando gareggiavo negli under 20. Ero più consapevole delle mie forze e più competitiva. Stavolta, dovendomi misurare con avversarie che a volte hanno più esperienza, non sono riuscita a dare il massimo. D’altronde questo è stato il mio primo mondiale e avrò modo di rifarmi. Mi dispiace per il pubblico di casa che ho sentito vicino in questi giorni. Ma non mi fermo alla sconfitta, adesso penso alle Olimpiadi».

[Foto di Augusto Bizzi]

Federica Motta

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