Metà dei pensionati in provincia vive con la minima La denuncia della Cisl: «Così rinunciano alle cure»

Mentre ieri il ministro Luigi Di Maio annunciava di voler abolire la povertà, i dati diffusi dalla Cisl fanno riflettere: quasi il 50 per cento delle pensioni erogate nella provincia di Palermo riguarda la cosiddetta minima, che prevede un importo da 500 euro. L’intento del governo gialloverde è di aumentare la soglia a 780 euro al mese – anche se non ha ancora indicato dove verranno reperite le risorse per attuare la misura – ma di certo la situazione per gli over 65 resta grave. Se si considerano tutte le tipologie di pensione (vecchiaia, invalidità, assegni sociali, etc), l’importo medio complessivo nel capoluogo siciliano e nell’area metropolitana si attesta attorno ai 654 euro. L’allarme è stato diffuso ieri dal sindacato a Salemi, in un incontro al quale ha preso parte anche il segretario generale Fnp Cisl Palermo Trapani Mimmo Di Matteo.

Il quadro tracciato dal segretario delle due province è fosco e l’intervento, finora solo annunciato, dei 5 stelle potrebbe non bastare. «Le pensioni minime sono il frutto del lavoro purtroppo saltuario che c’è stato negli anni nelle nostre realtà – aggiunge Di Matteo -, oltre ai tanti datori di lavoro che non hanno versato i contributi. Quindi nonostante i tanti anni di lavoro non sono pochi quelli che si trovano in queste condizioni, con una pensione che assolutamente non è sufficiente per vivere. E nonostante questo molti pensionati fanno tanti sacrifici: rinunciano alle cure, perché da tempo la sanità non offre più servizi gratuiti, e aiutano persino i figli che magari sono messi peggio di loro». Insomma, «alla tragedia della non sufficienza si aggiunge il fatto che il pensionato dovrebbe essere colui che ha più bisogno di cure e invece deve rinunciarvi per questi motivi».

Si intuisce che un mero intervento sulle pensioni, certamente auspicabile, non può bastare senza che ci sia una maggiore attenzione alla rete sociale. Garantendo ad esempio, primo tra tutti, il diritto alla salute. «ll sistema sanitario regionale – chiosa Di Matteo – non consente di godere né dell’assistenza necessaria né, peggio ancora, della tempestività che dovrebbe esserci per esempio nei pronto soccorso, nelle visite specialistiche e negli esami di laboratorio». Un allarme che viene poi amplificato da alcuni paradossi legislativi, molto comuni nella zona del Palermitano. «Mettiamo il caso di una coppia, in cui il pensionato vive con la moglie. Siccome la pensione costituisce un reddito, capita che insieme si superi la soglia minima per cui poi purtroppo la moglie non può usufruire dell’assegno sociale. Mentre chi non ha lavorato può godere di quella misura. Per questo abbiamo chiesto un correttivo, è inaccettabile una situazione del genere». Un altro caso riguarda quello delle pensioni cosiddette alte, che poi sono quelle a partire dal triplo della minima. «Si tratta di 1500 euro lordi, quindi al netto sono circa 1200 euro. Il governo Monti e poi quello di Renzi sono intervenuti su di esse, come taglio di solidarietà verso gli altri pensionati. Una misura che doveva essere provvisoria e che invece non è stata ancora ripristinata. Così finisce che anche chi ha versato contributi per 40 anni, che gli consentirebbero di avere una adeguata situazione economica, si ritrova a subire questa ingiustizia normativa».

Sul fronte delle proposte, Cigl Cisl e Uil vanno di pari passo sulla promozione di una raccolta firme per chiedere una nuova legge quadro sulla non autosufficienza. La Sicilia risulta infatti l’unica regione a non avere una norma simile. «Alla luce degli ultimi sviluppi stiamo rimodulando il testo della raccolta firme, ma sempre in maniera unitaria – assicura Di Matteo -. Riteniamo che la persona non autosufficiente debba avere la stessa assistenza in Sicilia così come in Piemonte o in Lombardia. Già ai tempi del governo Lombardo avevamo presentato questa proposta. Per questo stiamo ripartendo dalla sottoscrizione popolare, e dai prossimi giorni partirà la raccolta firme». 


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