Lele Scieri «ucciso dai tre caporali per punizione» La conclusione delle indagini della procura militare

Emanuele Scieri è stato ucciso da tre caporali che per punirlo per avere fatto una telefonata, lo avrebbero percosso e costretto a salire su una torre da cui lo avrebbero fatto cadere per lasciarlo poi agonizzante a terra all’interno della caserma Gamerra di Pisa. È questo il punto fermo per la procura militare di Roma, diretta da Marco De Paolis, che ha emesso un avviso di conclusione indagini per il reato di violenza a inferiore mediante omicidio pluriaggravato in concorso. 

«Sono anni che aspettiamo questi momenti – ha detto la mamma di Lele, Isabella Guarino – È una notizia che ci rincuora e ci dà fiducia nella giustizia. Siamo solo all’inizio. Ci auguriamo adesso che chi sta procedendo lo faccia con la stessa determinazione fino alla fine». La famiglia già nella serata di ieri era stata informata della novità. «Ce lo avevano preannunciato – conferma a MeridioNews l’avvocata Alessandra Furnari che assiste i familiari di Scieri – Siamo soddisfatti della chiusura delle indagini e ci sembra che dalla procura militare non abbiano voluto attutire le responsabilità». 

Della morte del parà siracusano – avvenuta il 13 agosto del 1999 – sono accusati tre commilitoni: il 41enne Andrea Antico originario di Casarano (in provincia di Lecce) e ora in servizio presso il settimo Reggimento Aves (Aviazione dell’esercito) di Rimini; il 41enne Alessandro Panella che pur essendo residente a San Diego (in California) è domiciliato a Cerveteri (in provincia di Roma); e il 43enne Luigi Zabara, nato in Belgio e residente a Castro dei Volsci (nel Frosinate). Sulla stessa vicenda è in corso anche una parallela inchiesta della procura ordinaria di Pisa che, dopo 20 anni e la relazione della commissione parlamentare, ha riaperto le indagini

L’accusa della procura militare per i tre caporali, effettivi al reparto corsi del Centro addestramento paracadutismo della caserma Gamerra, è di avere «cagionato con crudeltà la morte dell’inferiore in grado allievo-paracadutista Emanuele Scieri». Tutto comincia la notte del 13 agosto di 21 anni fa, quando i tre incontrano Scieri mentre stava per fare una telefonata con il suo cellulare, poco prima di rientrare in camerata. Lo fermano, gli contestano di avere violato le disposizioni che vietano di usare il telefonino e, «abusando della loro autorità», lo costringono a «effettuare subito numerose flessioni sulle braccia». 

Nell’avviso di conclusione indagini si legge che «mentre eseguiva le flessioni, lo colpivano con pugni sulla schiena e gli comprimevano le dita delle mani con gli anfibi, per poi costringerlo ad arrampicarsi sulla scala di sicurezza della torre di prosciugamento dei paracadute, dalla parte esterna, con le scarpe slacciate e con la sola forza delle braccia». Il prosieguo della ricostruzione della procura militare è agghiacciante. «Mentre Scieri stava risalendo, veniva seguito dal caporale Panella che, appena raggiunto, per fargli perdere la presa, lo percuoteva dall’interno della scala e, mentre il commilitone cercava di poggiare il piede su uno degli anelli di salita, gli sferrava violentemente un colpo al dorso del piede sinistro; così facendo, a causa dell’insostenibile stress emotivo e fisico subìto, provocato dai tre superiori, Scieri perdeva la presa e precipitava al suolo da un’altezza non inferiore a cinque metri, in tal modo riportando lesioni gravissime».

Fratture alla sesta vertebra dorsale, traumi vari alla testa e ad altre parti del corpo. Dopo la caduta Panella, Antico e Zabara, «constatato che il commilitone, sebbene gravemente ferito, era ancora in vita, invece di soccorrerlo, lo abbandonavano sul posto agonizzante e così ne determinavano la morte». Secondo la procura, «il tempestivo intervento del personale di sanità militare, da loro precluso, avrebbe invece potuto evitare la morte».   

Leggi il dossier di MeridioNews sul caso di Emanuele Scieri.

Marta Silvestre

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