L’assassino è…

Murder in the Rue Morgue (1841) è considerato da molti il primo racconto poliziesco della letteratura mondiale. Fu scritto da Edgar Allan Poe  (1809-1849) senza neanche poter immaginare il seguito che questo genere avrebbe avuto. Esistono diversi filoni di letteratura poliziesca, ma il giallo psicologico, la ricerca degli indizi che solo la mente geniale di un poliziotto o detective, o chi per lui, riesce a comporre come un intricato puzzle hanno come capostipite proprio quella novella. Ebbe anche un seguito in altri due racconti, The Mystery of Marie Roget (1842) e The Purloined Letter (1844). La trama risulterà a noi talmente banale quanto geniale deve essere parsa allora ai lettori di Poe. Un omicidio sconvolge la tranquilla vita giornaliera di un gruppo di personaggi. Un investigatore particolarmente dotato riesce a raccogliere gli indizi sparsi, a unirli, a fare delle geniali deduzioni, a montare una sceneggiatura verosimile e a trovare le prove per incolpare il fantasioso criminale. Il detective di Poe si chiamava Auguste Dupin e rileggendo queste storie, molto ben fatte quanto ricche di geniali chiavi interpretative e deduzioni psicologiche, troviamo lo stampino su cui è stato modellato il più famoso Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930).
    Nei suoi racconti e romanzi Conan Doyle canonizzerà la figura dell’investigatore definendone un profilo tipico che “vanterà innumerevoli tentativi di imitazione”. Innanzitutto Holmes mostrerà, rispetto al suo predecessore Dupin, un carattere molto più schivo e marcato,una propensione maniacale per l’importanza delle deduzioni rispetto alla pur importante raccolta degli indizi e per la prima volta l’osservare e il vedere dell’investigatore vengono separati, definendo l’investigatore come un personaggio dotato della capacità di vedere le cose da un punto di vista inedito. I “gialli” come noi li conosciamo oggi presentano una storia lineare: la scoperta dell’assassino (“Nessun altro delitto inferiore all’assassinio merita trecento pagine” S.S.Van Dine, 1928,inventore di un altro investigatore: Philo Vance) deve essere alla portata del lettore quanto a quella dell’investigatore tanto da dover fare scaturire nel lettore la classica domanda “Ma come ho fatto a non arrivarci io??”…
    Un demerito di Conan Doyle rimane il fatto che spesso le sue soluzioni non erano affatto così alla portata del lettore, suscitando in lui spesso del risentimento. Ad ogni modo le variazioni sul tema sono state innumerevoli, trasformando via via il romanzo poliziesco in racconti di inseguimenti, storie d’amore, descrizioni scientifiche e fantascientifiche e a volte discostandosi troppo da quel modello (il pubblico in genere non ha mai premiato i cambiamenti troppo marcati).
    In un certo senso il modello originale di Poe è rimasto inalterato e solo poche varianti sono state ammesse nell’arco del secolo che l’ha seguito ma mai realmente indicative di uno sconvolgimento della trama canonica. La scuola di Edgar Allan Poe ha prodotto una serie di innumerevoli e proverbiali figure di investigatori, a volte romantici, a volte comici, a volte rigorosi, a volte eccentrici ma le trame più fantasiose e intricate sono e rimangono quelle della abilissima Agatha Christie. I suoi investigatori Hercule Poirot e Miss Marple sono talmente divertenti e trascinanti e la lettura dei suoi romanzi è talmente scorrevole da tenere incollati al libro fino alla lettura dell’ultima pagina.Sebbene a volte siano stati tacciati di “non essere affatto realistici” i suoi romanzi sono una partita a scacchi all’ultimo sangue con la nostra intelligenza! E non importa affatto il realismo o meno di queste storie, ma il sottile dipanarsi dell’intreccio costruito dall’autrice è talmente improbabile da essere possibile!
    Facendo un excursus comparatistico, altre forme mediatiche si sono impadronite di questo genere. Recentemente in edicola possiamo trovare un interessante fumetto giapponese che si rifà proprio a questo filone: Meitantei Conan (Detective Conan). Gosho Aoyama, l’autore, prova un po’ forzatamente a mischiare il genere giallo con le avventure di un ragazzino delle elementari, evidentemente per coinvolgere un ben delineato target di lettori. Le sue trame sono ben studiate ma i personaggi risultano un po’ piatti e si capisce che tutto è volto alla soluzione dell’enigma senza che ci sia il rischio di chiedersi: “Ma com’è che un bambinetto viene fatto circolare  su un luogo del delitto senza che nessuno lo pigli a sberle? (Non si tratta sempre e solo omicidi per fortuna!)”. Il cinema ha spesso attinto dai romanzi dei più grandi scrittori del genere, ma senza mai creare un vero e proprio filone. Di per sé il giallo è breve, la scoperta dell’assassino deve essere imminente: nessuno leggerebbe un giallo di 1000 pagine (quantità minima che ci si aspetterrebbe ci fosse dietro ad un film!).Sarebbe un insulto alla buona volontà del lettore-investigatore. Allo stesso modo il mezzo cinematografico è risultato inadatto a trasmettere le atmosfere e a creare quel simpatico legame con la figura dell’investigatore di turno. La televisione invece mi sembra che con le sue fiction è risultata essere il mezzo ideale.I telefilm dedicati al genere sono molti: chi non conosce La signora in giallo (personaggio evidentemente ispirato a Miss Marple)?. Una divertente osservazione di un amico mi fece notare che questa simpatica signora non può muoversi che qualcuno le muore intorno. Non sarà un evidente caso di iettatrice?
    Un po’ più credibile è “Colombo”: Questo buffo e ossessivo tenente di polizia ha portato ad alcuni sostanziali cambiamenti alla formula canonica: innanzitutto scopriamo subito chi è l’assassino! Evidentemente l’autore ha capito che non è la rivelazione dell’assassino a intrigare il telespettatore ma l’investigazione, la perspicacia, la ricerca, la scoperta delle falle del suo apparentemente perfetto omicidio. Colombo poi si è anche rivelato una perspicace critica al sistema: lui è un uomo semplice, dimesso, spettinato, sempre incasinato con la sua (ma esisterà davvero??) moglie, apparentemente senza speranza, persino squallido, e i suoi assassini sono sempre belli, ricchi, potenti. Il telespettatore medio non potrà che godere immensamente quando lui li sbatterà in galera!
    Una versione moderna del racconto poliziesco in tv è stato CSI dove si è dato maggiore spazio all’investigazione oggettiva più che al rapporto psicologico con gli assassini. L’uomo viene messo di lato, sono le tracce di quello che ha fatto che rivelano chi egli sia realmente. Personalmente trovo un po’ noiosa questa fredda concatenazione di eventi senza le persone al centro del giallo.La spersonalizzazione della ricerca la rende fredda e meccanica. Quando non è l’uomo a essere indagato, con la sua mente, i suoi errori, le sue debolezze, tutto si risolve essere un rompicapo. In questo caso preferisco passare due ore litigando col cubo di Rubik.
    L’ultima e più moderna versione del giallo canonico (sempre del filone televisivo) è comparsa negli ultimi tre anni sotto le mentite spoglie del Dr. House. Negli ultimi anni la figura del medico sembra stia venendo riscoperta. Dr House, Medical Division  è una serie televisiva statunitense (In onda dal 2004) ambientata nel reparto di clinica medica dell’immaginario ospedale universitario Princeton – Plainsboro Teaching Hospital, nel New Jersey.L’assassino è diventato la malattia; il medico è il detective. Attraverso gli indizi che il paziente (o i parenti o chi per loro) gli fornisce, con deduzioni mediche incomprensibili per chi medico non è, la malattia/assassino sarà sbaragliata e il paziente rimesso. Magari con un braccio in meno,ma vivo. Le variazioni sul tema a volte creano delle novità apparenti, a volte consistenti a volte meno; difficile immaginare le future evoluzioni. Sopravviverà o forse il giallo sta morendo? E chi lo sta uccidendo? Rileviamo gli indizi. Ma ricordiamoci che l’assassino mente sempre!

Emanuele Lissandrello

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