Kelevra due, archiviazione per i diciotto indagati Maniaci: «Decisione che lascia l’amaro in bocca»

Tutto archiviato e distruzione delle conversazioni telefoniche dei parlamentari nazionali ed europei Davide Mattiello, Claudio Fava e Rita Borsellino. È questa la decisione presa dal gip Roberto Riggio, che ha accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero Amelia Luise per i diciotto indagati del procedimento parallelo scaturito in seguito alle indagini sulle famiglie mafiose di Partinico e di Borgetto, la cosiddetta operazione Kelevra del maggio 2016. Fra questi, ci sono i nomi di alcuni soggetti attualmente sotto processo dinanzi alla seconda sezione penale, accusati di associazione mafiosa. C’è anche Pino Maniaci, il giornalista di Telejato, anche lui sotto processo, ma per tentata estorsione e diffamazione. Infine, ci sono anche i nomi di Gioacchino De Luca e Vito Spina, rispettivamente ex sindaco ed ex vice sindaco di Borgetto, Comune sciolto per mafia lo scorso maggio, dell’ex consigliere comunale Gioacchino Polizzi, e di Fabio Riina, dipendente comunale dell’Ato.

Un Comune, questo, al centro di uno strano caso che ha visto schierarsi su due fronti nettamente opposti la Procura e la Prefettura palermitane. Mentre la prima, infatti, nel 2016 parla di «nessuna acquisizione probatoria che provi il dolo» rispetto all’ipotesi di un patto politico-mafioso tra gli esponenti dell’amministrazione comunale e i boss locali, la seconda a distanza di pochi mesi giunge a una conclusione diversa, facendo riferimento, sulla base degli accertamenti condotti, a «forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata, che hanno esposto l’ente a pesanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale». Così la nota del Consiglio dei ministri del 3 maggio 2017, che annunciava lo scioglimento del Comune e la sua gestione per i successivi diciotto mesi da parte di una Commissione straordinaria.

«In particolare – continua la nota -, fonti tecniche di prova hanno attestato l’esistenza di un accordo politico-mafioso in base al quale i candidati sostenuti dalla consorteria mafiosa una volta eletti avrebbero dovuto garantire come controprestazione l’affidamento di alcuni servizi». Uno fra tutti, quello della gestione dei rifiuti. Per la Prefettura l’ex primo cittadino e il suo vice avrebbero manifestato la tendenza a rivolgersi, malgrado l’assenza di un contratto o di una convenzione, a referenti della locale famiglia mafiosa per l’utilizzo di una paletta meccanica per la rimozione dei rifiuti, formalmente intestata a una società colpita a fine 2011 e a gennaio 2017 da due interdittive antimafia.

Elementi questi che, insieme ad altri, mesi prima avevano portato la Procura a conclusioni ben diverse. «Le risultanze investigative non hanno accertato un aiuto concreto, un contributo decisivo per il rafforzamento dell’organizzazione mafiosa», scrivono infatti i cinque magistrati che firmano la richiesta «per infondatezza della notizia di reato». Viene meno, insomma, l’accusa di associazione mafiosa nei confronti di quelli che all’epoca furono gli uomini dell’amministrazione, adesso archiviati ma anche allontanati dai propri ruoli istituzionali. Nulla che provi concretamente il dolo, il reato. «Manca la prova che sia stato effettivamente siglato un accordo elettorale con i due politici locali, De Luca e Spina – scrive il gip nelle sue motivazioni -. Non è stato acquisito nessun elemento indiziario su eventuali controprestazioni politiche rese da Polizzi (che anzi scompare del tutto anche dall’attività di intercettazione e/o di osservazione). Manca la prova che il sindaco e il vice sindaco fossero a conoscenza dei rapporti tra i congiunti Riina (utilizzatori della «paletta») e gli esponenti mafiosi; manca la prova che l’utilizzo della paletta sia avvenuto in «ottemperanza» dell’accordo politico-mafioso».

«Il ricorso al mezzo in oggetto – si legge ancora più avanti – non sembra avvenire mai in un’ottica di adempimento dovuto di un pregresso accordo, ma avviene in condizioni di estrema ed urgente necessità sotto il profilo dell’igiene pubblica. Il complessivo quadro induce a ritenere – in assenza, al momento, di elementi suscettibili di colmare in concreto le carenze indicate – che non possa allo stato essere proficuamente esercitata l’azione appena scarcerati dopo avere espiato una lunga pena detentiva, avevano ristrutturato il predetto sodalizio mafioso realizzando le attività delittuose».

«L’archiviazione fa piacere, perché comunque dimostra la mia estraneità ai fatti contestati. Lascia, però, l’amaro in bocca sapere che io resto sotto processo, mentre altri soggetti che hanno visto il proprio Comune sciolto per mafia, ora sono completamente prosciolti da ogni accusa», è il commento di Maniaci, archiviato anche lui rispetto all’accusa di estorsione nei confronti del Gruppo Arancio e Le Fontane di Borgetto: «I riscontri bancari non hanno fornito alcuna conferma alla ipotizzata attività illecita».

Silvia Buffa

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