«Caro Giuseppe, per te ci sono tutti i presupposti per diventare Santo». A parlare non sapendo che conversazione sarebbe stata registrata è il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana. All’altro capo del telefono c’è Giuseppe Rugolo, il prete 40enne di Enna che è imputato nel processo di primo grado con rito abbreviato per violenza sessuale aggravata a danni di minori. Una registrazione che ieri, nel corso dell’udienza al tribunale di Enna in cui si è concluso l’interrogatorio al sacerdote interrotto la scorsa volta, i giudici hanno chiesto di volere risentire per tre volte. La conversazione risale al periodo in cui Rugolo, dopo le prime segnalazioni del giovane archeologo – all’epoca minorenne che è stata la prima vittima a denunciare – era già stato trasferito a Ferrara. La cittadina dell’Emilia Romagna dove è stato arrestato nell’aprile del 2021.
Rispondendo alle domande della parte civile, della difesa, della pm Stefania Leonte e del presidente Francesco Paolo Pitarresi, Rugolo ha continuato a professarsi innocente. Nel corso delle indagini, sono stati trovati archiviati nel suo computer migliaia di file (tra foto e video) a sfondo sessuale con protagonisti soprattutto giovanissimi. Il prete ha giustificato quei contenuti parlando di una «sorta di test» a cui avrebbe voluto sottoporsi nel tentativo di provare a comprendere meglio se stesso. «Le pagine si aprivano da sole e, anche quando provavo a chiuderle, non ci riuscivo», avrebbe aggiunto il sacerdote che al presidente – che non ha mancato di rimarcarlo nel corso dell’udienza – ha dato l’impressione di essere intenzionato a eludere alcune domande che gli sono state poste durante l’interrogatorio.
Tra gli stralci della registrazione della conversazione con il vescovo che sono stati fatti ascoltare in aula, c’è anche quello in cui il vescovo Gisana avrebbe detto a Rugolo che, sempre all’interno della stessa diocesi di Piazza Armerina, c’era «un altro sacerdote che ha fatto cose molto peggiori delle tue». C’è poi una parte del dialogo tra il prete e il vescovo che rimane poco chiara: Rugolo avrebbe più volte invitato Gisana a raccontargli una sua vicenda personale, lasciando intendere che ci sarebbero stati diversi punti di contatto con la propria. Vicenda sul cui carattere, però, non sarebbe mai stato fatto un esplicito riferimento. Esplicito, invece, sarebbe stato il linguaggio utilizzato dal sacerdote nelle diverse chat con i ragazzi. Giovani tra cui ci sarebbe stato anche il consigliere comunale di Enna Marco Greco che è stato sentito come testimone nel corso di una precedente udienza. Contenuti sessuali ed erotici, messaggi pieni di volgarità e doppi sensi non solo a parole ma anche con immagini, emoji e stickers ad hoc. Il sacerdote, però, ha classificato tutto come «atti di goliardia».
Infine, per spiegare perché avesse nel suo computer una copia della denuncia ecclesiastica, presentata dalla vittima alla diocesi, Rugolo ha dichiarato di avere ricevuto tutte le carte dalla segretaria del vescovo. Secondo quanto emerso, il prete avrebbe avuto accesso a determinate informazioni almeno un mese e mezzo prima che il giovane presentasse la denuncia alla squadra mobile di Enna. Tanto che Rugolo avrebbe già in anticipo nominato un avvocato. All’inizio di questa indagine, i genitori della vittima hanno denunciato anche che: «La diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una clausola di riservatezza e del silenzio di nostro figlio». Accuse a cui il vescovo Gisana ha risposto sostenendo che, invece, proprio dai genitori del giovane sarebbe arrivata una richiesta di denaro. La prossima udienza, durante la quale dovrebbero essere sentiti alcuni testimoni della difesa, è già stata fissata per martedì 26 settembre.
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