Il racconto delle prime votazioni sotto pandemia Tra prove generali e mascherine di bassa qualità

Più che per il risultato, il referendum che si è appena concluso, verrà ricordato per essere stata la prima chiamata alle urne sotto pandemia della storia della Repubblica. Disinfettanti e mascherine si contendevano le luci della ribalta con matite e schede elettorali, banditi baci e abbracci, ma anche  le strette di mano. MeridioNews ha seguito tutte le operazioni dal seggio di Valledolmo, in provincia di Palermo, uno dei pochi centri rimasti covid-free da inizio pandemia, ma certo non meno attento nelle misure di sicurezza rispetto agli altri.

Precauzione

Il primo capitolo di queste votazioni storiche non si scrive domenica, all’apertura dei seggi, ma un giorno prima, sabato pomeriggio, in occasione del briefing con gli scrutatori e i presidenti di seggio. Lì, archiviate ini fretta i comportamenti necessari a livello di procedura elettorale, si è subito passati a occuparcisi di distanze e sanificazioni insieme ai carabinieri, che da quel momento fino alla fine di tutte le operazioni di scrutinio avrebbero presidiato il seggio. Fuori dall’istituto l’ingresso era regolato da un militare e delimitato tramite transenne, ma soprattutto non coincideva mai con l’ingresso. Discorso differente, invece, per le sezioni, dove scrutatori e presidenti, sotto l’occhio vigile delle guardie, provano i percorsi, simulano votazioni, anticipano ogni movimento per vedere se può andare a intralciare la strada di un altro votante. Si decide alla fine quanti elettori potranno ritrovarsi all’interno della stessa sezione contemporaneamente. L’idea di partenza era di quattro: due dentro le cabine e due all’identificazione anagrafica, ma tutto cambia quando ci si accorge che in questo modo le persone sarebbero costrette a incrociarsi in un punto della stanza. Si decide dunque che solo due persone potranno rimanere nella sezione per espletare le operazioni di voto.

Domenica

I seggi aprono presto, alle sette del mattino, ma in pochi si sono presentati per approfittarne. Tutt’altro, fino a mezzogiorno, forse anche poco più tardi, la cosa più impegnativa per gli scrutatori è stata togliere i sigilli da porte e finestre. L’affluenza è bassissima, ma questo significa anche che non si presenta il problema del contenimento delle persone. Tutti comunque indossano la propria mascherina, con un rigore quasi spontaneo. Ci sono le mascherine arrivate insieme al materiale del ministero, ma risultano pressoché inutilizzabili: non hanno i classici elastici che vanno dietro alle orecchie, ma dei nastri che andrebbero posti dietro alla nuca e mancano del ferretto sul naso, cosa che le rende impossibili da utilizzare per chiunque indossi un paio di occhiali. Il vero banco di prova si presenta attorno alle 18.30, è lì, con il picco dell’affluenza, che la macchina della sicurezza ha la possibilità di rodarsi. E ne esce bene. 

I cittadini aspettano fuori, dietro alle prime transenne. Un carabiniere si assicura che si disinfettino le mani, mentre un altro chiede loro la sezione e lo comunica all’interno della scuola. Qui, di fronte all’ingresso di ogni sezione, c’è un impiegato comunale che comunica se il campo è libero e quante persone possono entrare in quell’aula. A fine giornata la percentuale dei votanti si aggira attorno al trenta per cento degli aventi diritto. Di questi, grandissima parte ha votato nel frangente tra le 18 e le 22. E tutto è andato per il meglio. L’ultima ragazza ha votato alle 22.59.

Lunedì

Ore sette meno dieci, ancora una volta. Ancora meno gente del giorno precedente. Ormai in termini di affluenza non c’è più molto da dire, di tanto in tanto passa qualcuno. L’attenzione resta comunque alta, così come le mascherine sul volto. Il clima è disteso e gioviale, con il silenzio interrotto di tanto in tanto da qualche sbadiglio. Le 15 non si sono fatte aspettare, nonostante le ultime ore siano sembrate quasi interminabili. Lo spoglio è una pura formalità: in una ventina di minuti. Vincerà il Sì.

Gabriele Ruggieri

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