Il malessere dei giovani da James Dean a oggi

I giovani, nel corso dei decenni, sono sempre stati protagonisti di contestazioni e di proteste culturali, spinti e motivati soprattutto da un disagio interiore e da un conflitto con la realtà che li circonda. Questa è una delle caratteristiche della cultura giovanile, lungamente criticata dal mondo “adulto”. Ma in che modo e perché si è sviluppata questa “cultura giovanile”?

Nel secondo dopoguerra, gli stili della gioventù americana, ripresasi più velocemente dal trauma bellico, si diffusero anche in Europa, creando così un ponte tra il Nuovo e il Vecchio mondo. La musica e la moda furono i principali centri di influenza con i quali i giovani potevano identificarsi, seguendo modelli come Elvis Presley e James Dean. Quest’ultimo fu il simbolo della cosiddetta “gioventù bruciata”: giovani che evadono dalla realtà, in cerca di emozioni sempre più forti, al limite del rischio, quasi sprezzanti della propria vita, promotori della cultura del “si vive una volta sola”.

Negli anni ’60 i giovani furono davvero i protagonisti di una lunga stagione di contestazioni politiche e manifestazioni che coinvolsero il mondo intero. Migliaia di giovani, al grido di “Make Love, not War”, scesero per strada a manifestare, a far sentire la loro voce, a condannare un’inutile guerra sanguinosa e dispendiosa, facendosi promotori di una pace mondiale, portatrice di benessere e stabilità interiore. In questo periodo assistiamo alla nascita dei pacifisti e degli hippie, movimenti giovanili che predicavano l’amore libero, la pace mondiale ed un maggiore legame con la Terra e la propria intimità.

La musica ebbe un ruolo rilevante in questa protesta. Nell’estate del 1969 si svolse il festival di Woodstock: migliaia di giovani si riunirono a Bethel, negli Stati Uniti, dove si esibirono i più importanti artisti del panorama della musica rock (gli Who, Jimi Hendrix, Janis Joplin), per protestare contro la guerra e promuovere la fratellanza tra i popoli della Terra, realizzando un evento che passò alla storia come uno dei più significativi del mondo moderno.

In Europa, nello stesso periodo, si respirava un’aria più “rovente”. La protesta studentesca aveva coinvolto migliaia di studenti e li aveva uniti nella lotta per alcuni diritti fondamentali, per ribadire il loro peso sul mondo, per essere ascoltati, per poter decidere sul loro futuro. Queste forme di protesta e contestazione ad un mondo sordo e repressivo continuarono anche negli anni ’70, sfociando nel movimento culturale detto “punk”, che influenzava i giovani dalla musica alla moda. Creste, tatuaggi, borchie: questi i tratti distintivi di una gioventù stanca e arrabbiata, una gioventù contestatrice che vuole il mondo secondo le sue esigenze. La musica contribuì ancora una volta a unire i giovani: i Sex Pistols, i Ramones, i Clash esprimevano le idee e i disagi dei giovani, rivolti alla trasgressione per fuggire da un mondo avverso, causa del loro malessere.

Malessere che porterà, negli anni ’90, alla nascita del “grunge”, un genere musicale sbocciato nei sobborghi di Seattle e diffusissimo tra i giovani. I suoni distorti e cupi, i ritmi veloci e aggressivi manifestano il disagio di una gioventù non capita, repressa, “ingabbiata” dai “grandi”, indebolita da un mondo che è come un vampiro, e perciò desiderosa di far esplodere la propria rabbia, di farsi sentire, di farsi vedere, di farsi capire.

E arriviamo infine ai giorni nostri. La situazione dei giovani è ancora problematica. Il senso di alienazione tra di loro è ancora forte. Il mondo è ancora sordo e il disagio interiore non cessa di esistere, anzi. Con l’avvento dei social network e della realtà virtuale i giovani si estraniano sempre più dal mondo, chiudendosi in se stessi, continuando a uniformarsi, a fuggire e “sballare”, cercando nuove forme di divertimento, mentre sempre più le famiglie si ritrovano impotenti davanti a tutto ciò, aumentando così il conflitto figli-genitori.

Ecco come ha avuto origine e si è sviluppata la cultura giovanile, caratterizzata da un disagio interiore, frutto di un mondo che non comprende, non ascolta, caratterizzata da lotte che hanno segnato la storia, mentre la ricerca di un benessere fuori dal mondo è sempre più vasta e più pericolosa. Poiché “cultura giovanile sta a indicare l’intrinseca capacità che i giovani hanno di autodefinirsi nei loro comportamenti valoriali all’interno della società della quale sono parte”, vediamo come questo bisogno abbia portato alla nascita di fazioni e gruppi sociali dove ogni giovane si riconosce e dove può trovare comprensione e ascolto, prendendo così il suo posto nel mondo.

Dario Conti

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