Dalle viscere di Palermo ai riflettori delle grandi città europee: è il viaggio che vede protagonista Malacarne – Kids come first, il libro fotografico realizzato dal palermitano Francesco Faraci che si è appena aggiudicato il secondo posto del Prix de la Photographie Paris 2017, una delle competizioni fotografiche più prestigiose d’Europa.
L’opera di Faraci è stata premiata per la categoria Professional Book (Series Only) – Documentary, ed è stato lo stesso fotografo ad annunciare la notizia attraverso il suo profilo Facebook. Il libro, curato da Benedetta Donato ed edito da Crowdbooks, raccoglie oltre settanta fotografie che raccontano tre anni di lavoro di Faraci alla scoperta della Palermo più intestina, quella che solitamente è lontana dalle luci della ribalta. Protagonisti indiscussi sono i bambini che, come recita il sottotitolo, vengono prima di tutto il resto, anche in quelle realtà percepite ai margini della società.
Ballarò, Monreale, Albergheria, Zen, Brancaccio sono alcune delle tappe del viaggio condotto da Faraci, alla scoperta di quei quartieri che rappresentano veri e propri microcosmi, cui i bambini immortalati dal fotografo appartengono, e in virtù di questo sono portatori di una particolare, forte e specifica identità. Malacarne è il termine dialettale utilizzato per indicare persone poco affidabili e provenienti da determinate zone della città. Da queste riflessioni nasce il lavoro di Faraci, che decide di ritrarre quelli che secondo la società perbenista appartengono alla categoria dei malacarne, riuscendo a svelarne il volto più umano, genuino, vivace. Anche i bambini che vivono realtà disagiate hanno diritto a un’infanzia, a coltivare sogni e speranze.
«Sono ancora sorpreso, non me lo aspettavo proprio – commenta così la sua vittoria al Prix Francesco Faraci –. È un premio importante perché ti permette di farti conoscere in tutta Europa, e sicuramente gioverà al mio lavoro». Naturalmente il primo pensiero è rivolto ai suoi bambini: «senza di loro non avrei potuto realizzare questo lavoro. La cosa più importante – continua il fotografo – è che sono riuscito a raccontare anche all’estero la realtà in cui vivo e far conoscere questi bambini e il loro mondo. Il messaggio che spero arrivi è che questi bambini non sono malacarne – il titolo del libro è una provocazione – così come vengono chiamati da tutti, ma sono e rimangono bambini. Sono felice – conclude – perché penso che questo premio sia per loro una forma di riscatto».
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