Il futuro del governo Crocetta nelle mani del Pd Nello Musumeci: «Ipocriti, durerà un altro anno»

E ora? È la domanda che tutti si pongono dopo la bufera che si è abbattuta sul presidente della Regione Rosario CrocettaLa frase choc su Lucia Borsellino che sarebbe stata pronunciata dal medico Matteo Tutinoarrestato a fine giugno, al telefono con il governatore – «Va fermata, fatta fuori come suo padre» – ha spinto inizialmente la legislatura sull’orlo di una fine anticipata e traumatica. Sarebbe stata la terza in pochi anni, dopo Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo. Questo faceva pensare l’annunciata autosospensione di Crocetta – istituto peraltro non previsto dallo statuto regionale – e la pioggia di dichiarazioni sdegnate con un lungo elenco di richieste di dimissioni. 

Ma a metà pomeriggio la smentita della Procura di Palermo sancisce un cambio di rotta. Il presidente, tra le lacrime, parla di macchina del fango: «Mi hanno ammazzato, volevano farmi fuori, ma com’è potente la mafia? Peggio del metodo Boffo»; il senatore del Pd Beppe Lumia arriva a chiedere «una reazione senza precedenti perché il danno è inestimabile, sentirlo piangere mi ha straziato il cuore». Anche l’associazione dei testimoni di giustizia prende le difese di Crocetta. Una reazione d’orgoglio che però non dissolve i dubbi che continuano a pesare sul futuro del suo governo. 

«Crocetta se ne va o perché glielo impone il suo partito o perché glielo impone la magistratura, staremo a vedere quale tesi prevarrà», analizza Nello Musumeci, leader dell’opposizione di centrodestra. Che non crede a una fine anticipata della legislatura: «Sono convinto che il governo Crocetta durerà fino al prossimo anno – spiega – Questa bufera passerà con la spudoratezza dei partiti che lo sostengono, a cominciare da Pd e Udc». All’interno del Partito democratico una decisione non è stata ancora presa. L’esecutivo regionale si è riunito d’urgenza ieri sera e il segretario regionale Fausto Raciti è stato molto cauto: «È una vicenda che ha tratti molto preoccupanti – ha affermato – penso che questi siano argomenti che si affrontano con prudenza e dopo le dovute verifiche. Credo che vadano lette con molta attenzione le parole del procuratore di Palermo. Dopo aver condiviso una valutazione con il gruppo dirigente del Pd, saremo in grado di prendere una posizione ufficiale». 

La sensazione è che il futuro di Crocetta non sia ormai solo nelle mani del Pd siciliano, ma di quello nazionale. Ieri il premier Matteo Renzi ha telefonato a Lucia Borsellino per esprimere solidarietà, ma non ha commentato pubblicamente il caso. I sempre più frequenti attacchi del suo braccio destro in Sicilia, il sottosegretario Davide Faraone, nei confronti del presidente della Regione, potrebbero subire una decisiva accelerata. Anche se tra i democratici siciliani si prova a frenare, sollevando perplessità. «Se c’è quella intercettazione che l’Espresso conferma, chi l’ha disposta? – si chiede il capogruppo all’Ars Antonello Cracolici –  E perché è stata messa fuori se non è disposta dall’autorità giudiziaria? Quali poteri si stanno muovendo in questa storia? Alla vigilia dell’anniversario della strage di via D’Amelio si voleva e si vuole la crisi della Regione? Perché? Ci sono fatti che vanno chiariti».

La precisazione del procuratore Francesco Lo Voi – «Agli atti di questo ufficio non risulta trascritta alcuna telefonata tra il Tutino ed il Crocetta del tenore sopra indicato» – ha senz’altro ammortizzato la valanga politica che nel primo pomeriggio di ieri sembrava inarrestabile, nonostante il quotidiano l’Espresso abbia confermato l’esistenza dell’intercettazione, risalente al 2013 e contenuta in un fascicolo segretato dell’indagine sull’ospedale Villa Sofia di Palermo. «Il problema serio è capire se l’intercettazione viene confermata – sottolinea Nello Musumeci – È una triste e sciagurata vicenda e sullo sfondo c’è una gara a chi mostra di essere più ipocrita. Quelli che oggi si strappano le vesti sono coloro che ieri hanno inventato Crocetta, lo hanno sostenuto e blindato, anche di fronte a due mozioni di sfiducia delle opposizioni». 

Salvo Catalano

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