Adesso, qui, tu crepi in silenzio. Seppure il cuore continui a battere, la testa a ragionare, la mano stringa ancora fermamente una tazzina di caffè, tu muori. Te ne vai.
Una sui trenta scende da un camioncino lasciato in doppia fila. Un mezzo da rimorchio, si direbbe. Nerocromato, lucente, con gomme da formulauno. Noti la gonna troppo corta, i tacchi troppo alti, e pensi che, forse, quellavverbio è troppo solo per te.
Al terzo piano una signora che non scherza, anche lei è messa su bene. Ha il viso di chi ne ha passate molte, che il tempo però ha lasciato bello. Ti fa pensare a un martello che picchia, picchia sul chiodo ma rimane intatto. Un essere destinato a durare. Questo pensi. (a destra, foto tratta da impresasicilia.net)
Che sarà mai la bellezza? Tu non lo sai. Non lo sa nessuno. Però, se stringi la tazza tra le dita o ti controlli la punta delle scarpe pensi: è forse questo? starsene qui (a guardare) per un altro miliardo di anni?
Per quanto mi riguarda, il martedì, mi alzavo sempre con un podi febbre. Il martedì, al mattatoio, si scannavano i porci. Mia madre chiudeva la porta per non farmi sentire: certi grugniti che sembravano grida umane. Qualcuno muore in silenzio, altri rumorosamente, altri ancora solo pisciandosi addosso. Questa era la fine dei maiali: in fila, sotto una doccia bollente, a quanto si diceva, perfettamente consapevoli. Urla, spintoni, rumore di metallo che si chiude. Fine.
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