«Più di 100 milioni di euro di risorse per il settore per il 2018 e per gli anni a venire»: il mondo dell’accoglienza a Palermo, nelle parole dell’assessore alla Cittadinanza Solidale Giuseppe Mattina, diventa sempre più cruciale. Con una promessa ulteriore: «Vogliamo trasformare tutti i Cas in Sprar, dove oltre all’emergenza e all’accoglienza si possa avere anche una reale integrazione». L’annuncio arriva direttamente dal diciottesimo Happening della Solidarietà, che lo scorso weekend ha riunito al teatro Santa Cecilia le maggiori sigle del Terzo Settore in un’agorà fatta di confronti e proposte.
«Abbiamo già l’ok dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e del Ministero degli interni – continua l’esponente della giunta Orlando -, e contatti quotidiani con la Prefettura e con l’Asp. Vogliamo fare in modo che tutti i minori stranieri non accompagnati, che attualmente sono più di 600, abbiano progetti mirati che prevedano anche formazione e inserimento lavorativo». Il capoluogo siciliano, insomma, continua a puntare sul modello di città aperta e solidale. Gli Sprar (il Sistema di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati) riguardano progetti di accoglienza più piccoli nel numero di migranti che partecipano e vedono la partecipazione volontaria degli enti locali, che possono utilizzare le risorse messe a disposizione dal governo.
A supporto di ogni singolo piano destinato a richiedenti asilo, rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria ci sono poi figure professionali specifiche: soprattutto mediatori culturali, interpreti, psicologi. Inoltre gli Sprar, a differenza dei Cas – che, come lascia intendere lo stesso nome (Centri di Accoglienza Straordinari), seguono (almeno in teoria) logiche emergenziali – sono progetti che non solo hanno forti legami col territorio ma che devono seguire una serie di linee guida, fornite dal Viminale, con le quali viene garantita la trasparenza sull’utilizzo dei fondi.
E non sono molte le grandi città che sono state finora capaci di attivare il sistema degli Sprar, date le caratteristiche che invece si adattano meglio ai piccoli centri. Se il progetto della giunta Orlando e dell’assessore Mattina andasse in porto, Palermo potrebbe essere capofila di un processo culturale importante. Lo conferma Denis Baldan, prima giovane volontario e poi operatore dal 2015 in una cooperativa che gestisce alcuni Cas in Veneto. Pochi giorni fa Baldan ha anche dato alle stampe un libro – pubblicato da Villaggio Maori Edizioni – intitolato Io non lascio traccia, Storie di invisibili: un viaggio tra i centri di accoglienza in Italia (con il racconto, anche, di Lampedusa) che è un’analisi lucida sul sistema dell’integrazione tra pecche, punti di forza e prospettive future.
«Quello di Palermo è un progetto d’avanguardia – sostiene l’esperto -. Gli Sprar non costituiscono certamente la miglior integrazione possibile, ma sono comunque i progetti d’accoglienza più mirati alle esigenze della singola persona e del singolo progetto migratorio. Tra le metropoli italiane il capoluogo siciliano sarebbe il primo ad attivare un processo del genere. Ci sono progetti Sprar, penso ad esempio a quello celebre di Riace in Calabria, che hanno permesso a città in difficoltà di ripopolarsi e di avere servizi. Per dire: le figure professionali richieste dal sistema potrebbero essere garantite dall’Università. Altrimenti chi si laurea in materie come mediazione culturale o psicologia sarà sempre costretto ad andar via».
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