Rifiuti fuori dalla Sicilia, una strada già percorsa Fino a 250 euro a tonnellata, a carico dei cittadini

«Le discariche siciliane non potranno accumulare più del 50 per cento dell’indifferenziato prodotto dai Comuni, il resto va portato fuori dalla Sicilia. Così, in modo matematico, raddoppiamo la vita delle discariche esistenti». Era il 28 settembre del 2016 quando l’ex governatore Rosario Crocetta annunciava la soluzione tampone per arginare l’emergenza rifiuti. Anche in quel caso, come oggi, a indicarla era stato il ministero dell’Ambiente. È passato oltre un anno e gli unici rifiuti a essere stati esportati sono diecimila tonnellate dalla discarica di Lentini, di proprietà della Sicula Trasporti, verso la Bulgaria. Una goccia nell’oceano, considerato che, solo in quell’impianto, ogni anno vengono abbancate circa 600mila tonnellate di rifiuti. E il provvedimento varato da Crocetta a settembre fu presto revocato dopo le pressioni dei Comuni. Oggi però, con le discariche sovraccarico e alcune piene, il problema si ripropone negli stessi termini. Il ministero indica alla Regione ancora la stessa strada: se gli impianti dell’isola non bastano e serve tempo per ampliarli o costruirne di nuovi, non resta che portarli altrove. Così in questi giorni il nuovo governo guidato da Nello Musumeci torna a battere le strade che, appena un anno fa, Crocetta e il dipartimento Rifiuti hanno percorso, alla ricerca della soluzione migliore. «Stiamo valutando l’ipotesi di portare i rifiuti fuori dalla Sicilia, ma provando a non incidere sui costi», afferma l’assessore al ramo Vincenzo Figuccia. Eccolo il vero nodo: chi paga? E chi è disposto a prendere i rifiuti siciliani?

Alla prima domanda dagli uffici della Regione che si sono già posti il problema un anno fa non hanno dubbi: i costi della gestione dei rifiuti devono essere coperti integralmente con la Tari. È la legge che lo impone, a meno di un provvedimento ministeriale che imporrebbe un regime di emergenza e conseguenti poteri straordinari, ma che non sembra al momento sul tavolo delle trattative. Tradotto: le spese finiscono sulle spalle dei Comuni, che non potranno far altro che aumentare le tasse dei cittadini. Mesi fa si cercò di chiudere un accordo con l’Ato di Torino per spedire i rifiuti al termovalorizzatore del capoluogo piemontese, non se ne fece niente anche per divergenze di natura politica (con la sindaca del M5s Appendino), ma in quel caso il costo preventivato era di oltre 200 euro a tonnellata, comprensivi dei 135 euro di conferimento nell’impianto più il trasporto. Ancora peggiori le previsioni di chi, come la Sicula Trasporti, ha sondato il mercato: «Se consideriamo che il rifiuto non può viaggiare senza essere trattato, aggiungiamo il trasporto e il pagamento a destinazione, ci aggiriamo sui 240-250 euro a tonnellata», spiega Marco Morabito, referente per l’azienda. Cioè mediamente 50 euro in più rispetto a quanto pagano attualmente i Comuni per conferire nelle discariche siciliane. D’altra parte non ci sarebbero altre discariche in giro per l’Italia disposte a ricevere i rifiuti del’Isola. 

Restano i cementifici che in parte possono usare come combustibile il rifiuto trattato anziché il carbone. È quello che ha fatto, in via sperimentale, proprio la Sicula Trasporti negli scorsi mesi, trasferendo via mare in Bulgaria diecimila tonnellate di indifferenziato trattato. In questo caso il costo si aggira sui 90 euro a tonnellata, considerando il trasporto su nave, decisamente più economico di quello su gomma, e il conferimento negli impianti (che incide per circa 30 euro). «Siamo stati gli unici e lo abbiamo fatto a nostre spese per capire come funziona il sistema – precisa Morabito -. Abbiamo comprato le attrezzature per pressare i rifiuti, oggi saremmo pronti, ma il problema è trovare i destinatari. Il mercato è in continua evoluzione, i prezzi sono schizzati in alto per le numerose richieste. Noi, a differenza di quanto si pensi, saremmo contenti di ricevere meno rifiuti perché potremmo durare di più. In queste condizioni invece tra otto mesi saremo pieni». E i Comuni di mezza Sicilia orientale resterebbero senza un luogo dove conferire. 

Domani Musumeci, insieme all’assessore Figuccia, incontreranno il ministro dell’Ambiente Galletti. E chiederanno altro tempo. «Sigleremo l’intesa, ma contestualmente non risponderemo ad alcun diktat – dice Figuccia -, andremo a Roma per rivedere gli elementi di quella che dovrà essere invece un’intesa con il ministero. Negozieremo l’accordo, lo discuteremo e chiederemo più tempo per le procedure – aggiunge – le operazioni riguardano la ridefinizione di almeno dieci piattaforme, abbiamo bisogno di tempo. I governi precedenti hanno fatto davvero troppo poco, ora non si chieda a noi di fare l’impossibile in 15 giorni». 

Da risolvere anche il nodo termovalorizzatoriIl piano per la realizzazione di sei-otto impianti di medie-piccole dimensioni – realizzato dall’ex dirigente ai Rifiuti Maurizio Pirillo – giace da un anno nei cassetti dell’assessorato al Territorio, in attesa della Valutazione ambientale strategica. E anche su questo il ministero, che indica in 700mila tonnellate all’anno la quantità di rifiuti da bruciare in Sicilia per far funzionare il sistema, mercoledì tornerà a battere alla porta del governo Musumeci. 

Salvo Catalano

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