Crisi Tecnis, le tre opzioni per la sopravvivenza Obiettivo di Ruperto è lo sblocco delle forniture

La Tecnis è in un circolo vizioso che la sta portando sempre più a fondo. Per uscirne, l’amministratore giudiziario ha tre opzioni, che devono fare i conti con lo stato attuale della società. I fornitori, che avanzano crediti dall’impresa di costruzioni, senza adeguate garanzie economiche non inviano materie prime ai cantieri. L’avanzamento delle opere è perciò bloccato, pure se gli operai non sono più in sciopero. In questo scenario, che non produce utili, la ditta deve comunque sostenere le spese per la manodopera, l’affitto dei macchinari e la gestione aziendale. Oltre a correre il rischio di pagare multe salate se non rispetterà i tempi di consegna dei lavori. Le criticità, dunque, si aggravano di giorno in giorno. Ma una prima buona notizia è l’ammissione, che sarebbe stata decretata dal tribunale, al codice antimafia. Una decisione, questa, che permetterà a Tecnis di domandare alle stazioni appaltanti il pagamento degli arretrati, e impedirà ai creditori di chiederne il fallimento

Rimettere in moto l’azienda, evitandone il crac, è l’obiettivo di Saverio Ruperto, amministratore giudiziario nominato dopo il sequestro delle quote azionarie disposto dall’antimafia. Le tre soluzioni allo studio si chiamano legge Marzano, concordato preventivo, ristrutturazione del debito. Tre ipotesi che puntano a sbloccare le forniture, in modo da riavviare i cantieri e tornare quindi a guadagnare liquidità da usare per coprire i debiti coi creditori e investire in nuovi appalti. In un contesto in cui è ancora attesa la revoca dell’interdittiva antimafia.

Da circa quattro mesi i fornitori aspettano che Tecnis formalizzi una procedura che metta l’azienda al riparo dal fallimento. Ma ancora non è stato scelto quale strada percorrere. Ognuna delle soluzioni proposte, se approvata dagli enti competenti, garantirebbe da quel momento in poi la capacità dell’impresa di pagare per intero il materiale ordinato. Mentre quello giunto prima di questo passo – ragione che con ogni probabilità spiega il blocco – potrebbe essere pagato solo in parte a fronte degli accordi che azienda prenderà con i creditori per evitare il fallimento.

Il piano di ristrutturazione del debito, la soluzione scelta dal consiglio di amministrazione prima dello scioglimento imposto dallo Stato col sequestro delle azioni, non ha portato frutti. La richiesta, che andava presentata al tribunale di Catania, è stata ritirata dallo stesso cda per mancanza del necessario accordo con i principali creditori, le banche. I sindacati spingono adesso Ruperto a scegliere le legge Marzano, fatta per le grandi imprese e già impiegata nel crac Parmalat e nella crisi Ilva. Permette ai creditori di rivalersi acquisendo azioni della ditta e apre alla cessione delle attività. Un’opzione, quest’ultima, che l’amministratore giudiziario pare non voglia scartare.

La possibilità di accedere alle agevolazioni della legge Marzano passa dal ministero dello Sviluppo economico, col quale Tecnis dialoga da diverso tempo, e prevede l’iscrizione all’albo ministeriale oltre alla nomina di un amministratore straordinario. Che potrebbe essere lo stesso Ruperto. Ma è anzitutto necessario che il tribunale certifichi lo stato di insolvenza dell’impresa, un documento nel quale si attesta che l’azienda non è in grado – da sola – di far fronte ai debiti. In caso di parere negativo tuttavia, si spalancherebbe il baratro del fallimento. L’alternativa più credibile alla legge Marzano è il concordato preventivo. Che è basato su un accordo in merito ai pagamenti, proposto dall’azienda, che deve essere approvato per intero dalla maggioranza dei creditori ammessi al voto.

Marco Di Mauro

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