Cosimo, un tumore al testicolo e 4 interventi Ma l’Inps sospende la pensione di invalidità

Un tumore asportato e quattro interventi chirurgici in due anni. Un calvario che non è bastato a Cosimo, quarantenne imbianchino originario di Picanello, ad ottenere dall’Inps un sussidio di invalidità che gli permetta di mantenere se stesso, sua moglie e i suoi due figli. Nonostante le tante visite per verificare il suo reale stato di salute, i certificati dei medici che certificano la sua inabilità, l’ente di previdenza ha sospeso l’erogazione della piccola pensione di invalidità: 268 euro al mese. Così come i contributi che gli spettano per l’inabilità al lavoro, «perché – scrivono – dai nuovi accertamenti sanitari effettuati risulta che non permangono le condizioni che dettero luogo al riconoscimento della pensione e pertanto la stessa sarà revocata». «Mi hanno convocato lo scorso mese, mentre ero ancora nella fase di riabilitazione dopo l’ultima operazione. E hanno deciso per la sospensione del sussidio, senza neanche spiegarmi i motivi», racconta. Questo nonostante, ancora lo scorso mese di aprile, il medico oncologo che ha seguito Cosimo, scrive che «il paziente verrà giudicato clinicamente guarito dopo cinque anni dall’ultimo trattamento di chemioterapia effettuato».

La vita di Cosimo cambia un giorno di giugno del 2012.  «Vado dal medico pensando di soffrire di varicocele, mi diagnosticano un tumore al testicolo sinistro per cui si rende necessaria l’amputazione». L’intervento va fatto subito. Dopo quindici giorni dalla prima ecografia, Cosimo entra nella sala operatoria del Policlinico di Catania. Seguirà un periodo al Centro Riferimento Oncologico di Aviano per sottoporsi al ciclo di chemioterapia e l’abbandono forzato del suo lavoro. «La chemio debilita, dovevo stare attento a non prendere il raffreddore, figurarsi inalare gli agenti chimici delle vernici».

Quando l’uscita del tunnel sembra vicina, il male torna nella forma di un grappolo di linfonodi da eliminare dall’inguine prima che diventino maligni. Un altro intervento e circa 200 punti fiaccano fisico e morale. «Sono rimasto zoppo, ma non era finita lì», ricorda Cosimo. In un primo momento l’Inps riconosce l’invalidità al 100 per cento di Cosimo, gli assegna il sussidio per l’invalidità civile di 268 euro e i contributi per l’inabilità al lavoro, una sorta di pensione anticipata della durata di tre anni. I primi versamenti arriveranno, però, solo un anno dopo. Passa appena qualche mese e i linfonodi si ripresentano al seno destro. Altra operazione. Altra risalita interrotta dall’ennesimo intervento, questa volta al seno sinistro. Sempre per la presenza di linfonodi. «Ho passato Natale e Ferragosto in ospedale, il male ce l’ho dentro ormai», racconta con lucida amarezza l’imbianchino quarantenne.

L’Inps nel frattempo ha confermato, a distanza di un anno, l’invalidità e il sussidio. Ma le cose cambiano improvvisamente alla fine di aprile. «Di solito la visita si effettua annualmente, invece mi hanno convocato per una verifica comunicandomi la momentanea sospensione, senza una reale motivazione». Anche i contributi – 500 euro mensili – vengono bloccati dopo i primi dieci mesi. Cosimo si è rivolto a un avvocato e ha fatto causa all’Inps.  «Adesso non mi resta che aspettare che qualcuno a Roma riconosca la mia invalidità. Mia moglie non lavora e ho due bambini da crescere». Ma i problemi non sono solo economici.  «Per me ogni visita, ogni colloquio, ogni volta che si riapre questa ferita è un’umiliazione: le operazioni mi hanno sfigurato, ho due buchi nei seni e c’è sempre l’orgoglio maschile difficile da mettere a tacere. La notte non dormo per i dolori e per quella che chiamano sindrome dell’organo fantasma. Ho come la sensazione che mi colpissero proprio dove ho subito l’amputazione. Mi hanno consigliato la protesi, ma dopo quattro interventi non voglio tornare in sala operatoria». Intanto anche cercare un’occupazione è impossibile.  «L’Inps dice che non sono più invalido, i medici invece sì, quindi anche volendo, non potrei avere un certificato di idoneità al lavoro. Per tutto questo – conclude – non mi resta che ringraziare lo Stato italiano e l’Inps a cui ho versato 25 anni di contributi».

Salvo Catalano

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