Al-cantàra, la bottega di Pucci Giuffrida Tra vino, cultura e riciclo artistico solidale

Amuri di Fimmina e Amuri di Matri è il titolo di un sonetto di Nino Martoglio. Chissà però se il poeta siciliano, amico e contemporaneo di Luigi Pirandello, avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe stato anche il nome di un vino del tipo nerello mascalese insignito della medaglia di bronzo al Vinitaly 2014. Il salone internazionale dei vini e dei distillati di stanza a Verona ha infatti premiato con il terzo posto il rosato dell’azienda vitivinicola Al-cantàra, scegliendolo tra oltre tremila etichette del panorama internazionale. Un’impresa che da nove anni è anche la scommessa del suo fondatore e proprietario Pucci Giuffrida, dottore commercialista catanese che si occupa di amministrazione di beni confiscati alla mafia. «Dottor Jekyll e Mr. Hyde», come si definisce lui stesso, prendendo in prestito il personaggio di Robert L. Stevenson.

«Io non sapevo nulla di viticoltura e il vino l’avevo bevuto al ristorante come molti – confessa Giuffrida – È stato subito amore e in quel momento ho capito che il lavoro fatto con il cuore non sembra neanche tale, talmente risulta naturale». Giuffrida ha quindi investito i risparmi di quindici anni di «bilanci e numeri» nell’acquisto di circa venti ettari di vite a duecento metri dal fiume Alcantara. «All’inizio sembrava quasi una follia», riconosce. Il feudo che ne è nato sorge nei pressi della città di Randazzo «non lontano – racconta – da luoghi impregnati della mitologia classica di Aci e Galatea, dei Ciclopi, di Ulisse e Polifemo, di Scilla e Cariddi». Il legame che unisce il vino di Giuffrida alla cultura, nelle sue vesti della poesia, dell’arte e della musica è viscerale. «Tutti i nostri prodotti si ispirano e prendono il nome dalle poesie di autori siciliani come Nino Martoglio, Micio Tempio, Giovanni Meli, Salvatore Di Pietro e Alfio Antico, l’unico tra questi ancora in vita».

Dietro le etichette O’ Scuru o’ scuro, Luci luci, Lu disìu, ‘A tistimunianza, Capiddazzu paga tutto, ‘A notturna, Lu vero piaciri, Muddichi di suli, Occhi di ciumi – questi alcuni dei più noti – c’è «la sincerità dell’uva e la traduzione in vino di quello che è il territorio in ogni sua istanza». La ricercatezza di Al-cantàra investe anche la grafica delle sue etichette disegnate appositamente da Alfredo Guglielmino, una delle mani della bottega catanese Cartura. «Il nome del fiume Alcantara in arabo significa ponte e sulle nostre bottiglie campeggia la personificazione in donna del corso d’acqua».

Giuffrida punta molto sull’aspetto culturale. Nei nove anni di vita della sua azienda ha coinvolto artisti nazionali e internazionali in concorsi di arte, pittura e fotografia con riferimento al suo prodotto, organizzando anche spettacoli di teatro e musica. «Ho spedito a tanti di loro una volta un testo poetico, un’altra volta una bottiglia vuota chiedendogli di creare qualcosa e ne sono uscite vere e proprie opere d’arte – continua – che ho poi venduto all’asta devolvendo il ricavato ad associazioni di volontariato locali».

La bottega di Giuffrida si presenta poi, in linea con tutta la filosofia del padre di Al-cantàra, come un tempio della carta pesta, del legno, del riciclo e della cultura. Cassetti vecchi ripescati tra l’immondizia fanno da espositore alle pregiate bottiglie ma anche libri e antichi strumenti musicali, frigoriferi degli anni sessanta rivestiti di poesie di Eduardo De Filippo e di Charles Baudelaire. Quindi sculture in materiali poveri e calici in argento annerito incorniciano le pregiate bottiglie esportate anche in Canada, Florida, California, Svezia e Cina. Le aspettative di Giuffrida si fondono ancora una volta con la sua attenzione verso la divulgazione culturale e afferma: «Mi aspetto che quest’ultimo riconoscimento aumenti la popolarità dell’intera famiglia di vini senza dimenticare che – lancia lo slogan – un buon vino è poesia e per farlo ci vuole arte».

Cassandra Di Giacomo

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