Mi chiamo Alessandra Litrico, ho 26 anni e sono una studentessa iscritta all’ultimo anno in giurisprudenza, ormai prossima alla laurea. Ho scelto di iscrivermi all’università all’età di 20 anni, dopo aver riflettuto un attimo sul mio futuro: volevo che fosse una mia decisione, ponderata, razionale. Questo non depone a mio favore, immagino, ma ho l’abitudine di attribuire un certo peso alle scelte che riguardano la mia vita.
Ammetto di non aver gradito le parole del Viceministro Michel Martone , il quale – occorre dirlo – si è scusato poco dopo per la mancanza di «sobrietà». Orbene, chiedo scusa io adesso, ma non credo che il reale problema sia stato quello. Ho letto il suo curriculum, di tutto rispetto, ma sono totalmente d’accordo con le parole del mio ex collega Agatino Lanzafame, quando fa le sue riflessioni circa il pulpito da cui proviene la predica.
L’ indiscusso talento ha giocato a favore di questo titolato signore, come parimenti il fatto di essere figlio del giudice Antonio Martone. Quando si dicono certe cose, quando si spara a zero, bisognerebbe anche ricordare che noi giovani, sfigati, brillanti, bamboccioni e quant’altro, siamo tutti più o meno in grado di fare una elementare ricerca su Google.
E se la memoria fa brutti scherzi, nonostante la giovane età del Signor Martone, si rischiano magre figure. Un’affermazione cosi generica, volta a sentenziare, non può che scontrarsi con le idee ed i principi di studenti come me.
Beninteso, non ho ancora 28 anni, ma poco importa, sarei provata in qualunque caso, perchè credo fortemente che l’età non c’entri assolutamente nulla. Essa non può essere il parametro per valutare il percorso umano di una persona, né per valutarne la competenza, il talento, la voglia di fare ed i sacrifici per conseguire una laurea.
E non può essere un parametro, perchè non tutti hanno le stesse possibilità, non tutti vivono le stesse situazioni e la carenza di meritocrazia, nel nostro paese, non è un dettaglio irrilevante .
La mia opinione è che, anche se stenterei comunque a definirlo tale, lo sfigato sia quel genere di persona che conclude brillantemente gli studi a 24 anni, tramite raccomandazioni. Ci penserei due volte, pertanto, prima di pronunciare una frase che palesa un certo distacco dalla realtà.
Se fossero più vicini alle concrete esigenze del paese e dei giovani, nella fattispecie, non si sognerebbero di fare affermazioni simili, perchè sarebbero a conoscenza delle difficoltà che abbiamo giornalmente nel seguire le lezioni universitarie, della carenza di aule, del fatto che non tutti possono permettersi di pagare le tasse e che, anzi, la maggior parte degli studenti lavora per mantenersi gli studi. Ciò, tra l’altro, induce inevitabilmente ad uno studio individuale, lontano dalla facoltà, dal supporto dei docenti, tra il lavoro e le faccende quotidiane, per aiutare la famiglia .
Questa è la realtà, questo è ciò che viviamo. Sono pronta a dire con fermezza, in mezzo a tutto ciò, che ambire alla laurea (anche a 30 anni) non sia da sfigati, ma addirittura un atto di coraggio.
[Foto di Rahego]
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