In una zona impervia tra Avola e Avola antica è stata ritrovata la pistola calibro 22 che si ritiene possa essere l’arma utilizzata per il delitto di Andrea Pace, il 25enne avolese ucciso davanti alla sua abitazione il 12 giugno. Per il delitto sono in carcere i due fratelli Salvatore e Corrado Caruso fermati quattro giorni dopo i fatti. Con il coordinamento della procura di Siracusa continuano le indagini dei carabinieri di Noto che, insieme a personale specializzato dei vigili del fuoco di Siracusa e con il supporto di alcuni droni, hanno rinvenuto l’arma che adesso è stata inviata ai Ris dei carabinieri di Messina per gli accertamenti di rito. Intanto, nell’udienza della scorsa settimana, la procura ha affidato a dei tecnici le analisti dei cellulari dei due fratelli. Le conversazioni tra i due potrebbero essere utili per ricostruire i momenti precedenti all’agguato.
Durante l’interrogatorio di garanzia i Caruso – rimasti in isolamento nel carcere di Caltanissetta – si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Entrambi non si sono professati né innocenti né colpevoli. Dalle indagini è emerso che tra la vittima e i fratelli ci sarebbe stato un acceso diverbio la sera stessa del delitto. I due lo avrebbero poi atteso sotto casa, in via Neghelli, e avrebbero sparato dieci colpi di pistola alle spalle, di cui cinque andati a segno, sia da lontano che da distanza ravvicinata.
Motivo del litigio e movente del delitto sono ancora al vaglio degli inquirenti, che fin da subito hanno indirizzato le indagini sulla pista legata alla sfera personale di Pace «escludendo qualsiasi collegamento con il rapporto travagliato tra la vittima e la sua ex compagna», dalla quale Pace aveva anche avuto una figlia che oggi ha sei anni. Disoccupato, il giovane era già noto alle forze dell’ordine per qualche precedente penale: un furto di 500 chili di agrumi nel 2017 e, nel 2015, il ritrovamento di circa 40 grammi di hashish e marijuana trovati nascosti in camera, dentro un peluche. Pace era imputato invece per atti persecutori dopo l’ultima denuncia dello scorso febbraio da parte della sua ex compagna. «Nonostante i trascorsi – aveva detto a MeridioNews l’avvocata Anna Maria Campisi che lo ha difeso – il ragazzo non ha mai avuto nulla a che vedere con la criminalità organizzata».
Chi lo conosce ne parla come di un ragazzo «molto istintivo, di sicuro non una persona mite perché si infuocava facilmente, ma non cattivo». Dopo l’ultima denuncia, Pace era finito agli arresti domiciliari. Poi il giudice aveva disposto l’obbligo di soggiorno lontano da casa e lui aveva scelto di andare a Torino, ospite di una zia. In Piemonte era rimasto per circa due mesi. Quando è stato ucciso era rientrato ad Avola solo da pochi giorni.
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