Autismo, l’importanza di diagnosi approfondite «Fondamentale per tipo di intervento da attuare»

«Quindici anni fa il rapporto era di un bambino autistico su duemila, oggi è di uno ogni 70. Di certo alla base di questo aumento ci sono state una serie di cause suppletive, come gli effetti dell’inquinamento sulle donne in gravidanza, ma un bambino ogni 70 è davvero troppo. È un aumento che i grandi esperti hanno già messo in discussione, ponendo dubbi sulla modalità clinica di queste diagnosi». A sottolinearlo è Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO).

In che modo bisogna leggere allora questo numero così elevato? «Il problema sta nel come vengono interpretati i test di valutazione sottoposti ai bambini – dice Castelbianco – si tratta di test validissimi, ma che si limitano a descrivere il comportamento e questo non consente una diagnosi dello spettro autistico». Per il direttore dell’IdO bisogna adottare anche «altri approfondimenti clinici. Si deve, infatti, poter determinare se quel bambino fa parte dello spettro autistico oppure di altre categorie diagnostiche. Una distinzione importantissima», evidenzia Castelbianco. «La diagnosi è fondamentale – rimarca lo psicoterapeuta – perché a seconda della categoria diagnostica in cui rientra il bambino, cambia anche il tipo di intervento messo in atto».

Su questa scia, per aiutare i pediatri a intercettare segni precoci di disturbi dello spettro autistico o del neurosviluppo, l’IdO ha stretto una forte collaborazione scientifica con la Società italiana di pediatria (Sip). «Il criterio – spiega ancora Castelbianco – è che i pediatri ci segnalano i bambini per i quali, sulla base di determinati elementi, gli si accende un campanello d’allarme. Ma – precisa lo psicoterapeuta – un campanello non è una diagnosi, sta solo a indicare che bisogna procedere con un approfondimento per verificare a cosa possa corrispondere: disturbi dello spettro autistico o altri tipi di disturbi del neurosviluppo».

La collaborazione scientifica con i pediatri «ha portato due grandi vantaggi – continua il direttore IdO – il primo è dato dalla possibilità di effettuare una valutazione approfondita ed evitare diagnosi approssimative». Il secondo vantaggio consiste nel riuscire a «intercettare precocemente le difficoltà del bambino. Questo lavoro ha permesso di innalzare gli esiti positivi delle terapie, di cui eravamo già molto soddisfatti. Adesso siamo felici per i risultati e – chiarisce Castelbianco in conclusione – le terapie per i bambini con disturbi dello spettro autistico si svolgono da noi solo in modalità di convenzione con il Sistema sanitario nazionale».

Redazione

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