Zapatero a Ragusa

Sapevate che Zapatero è in Sicilia, e precisamente a Ragusa?

Ebbene, secondo i radicali sì. Il suo pseudonimo (onde evitare una pericolosa fuga di notizie) è Michele Duchi e lavora sotto copertura come presidente del tribunale di Ragusa. La sua missione? Eliminare tutti i crocifissi dalle aule di giustizia. La sua ultima azione risale a qualche giorno fa, quando ha respinto definitivamente la richiesta presentata dall’ordine degli avvocati della provincia affinché venissero riappesi questi simboli religiosi che evidentemente intralciano il giusto decorso della legge in tribunale  e annebbiano le menti degli avvocati durante l’arringa finale. Si sa che l’immagine di quel capellone tutto peace and love da sempre intenerisce i cuori degli avvocati…e con un animo così pieno di compassione e buoni propositi è inammissibile poter anche solo pensare di esercitare tale professione!

 

“La giustizia”, dice Duchi, “deve essere amministrata in modo laico, e non sarebbe rispettoso della Costituzione amministrarla con appeso alle pareti un simbolo religioso che potrebbe essere discriminatorio nei confronti di chi osserva un altro credo. Qui a Ragusa non ci sono mai stati problemi per la mancanza del crocefisso nelle aule di giustizia, io presiedo il tribunale da sette anni e quando sono arrivato i crocefissi già non c’erano. Nel 2005 l’ordine degli avvocati mi ha scritto affinché fossero rimessi, ma io ho spiegato che sarebbe stato lesivo dei nostri principi costituzionali. Questa di Ragusa è una realtà laica e senza fondamentalismi o estremismi; e la mia risposta è stata capita, è stato riconosciuto che è giusto così”.

 

Capisco che indubbiamente oltre alla mancanza di fondamentalismi, a Ragusa manchi anche il lavoro in tribunale.

 

Ed il vescovo di Ragusa, Paolo Urso, replica: «Cristo si è immolato per salvaguardare i diritti dei più deboli. La giustizia degli uomini è una trama che riesce a prendere solo i moscerini perché le realtà più forti sfondano la rete. E rappresentare i più deboli con l’esempio di Cristo aiuta l’umanità a crescere».

 

Non mi permetto di criticare l’intervento del vescovo: immagino che questi temi siano il suo pane quotidiano.

 

Dunque, niente da obiettare. Entrambi argomentano in maniera ineccepibile.  

Allora medito e dico: con tutte le cose a cui si dovrebbe pensare in quest’Italia perduta tra scartoffie, carte, cartacce e bitumati come siamo in iter burocratici degni della quinta bolgia dell’inferno, c’era bisogno di alzare tutto ‘sto polverone per un pezzo di legno? So bene che è un simbolo religioso e come tale dovrebbe essere assente dalle aule di giustizia così come a scuola o negli uffici di pubblico dominio (si è capito da che parte sto?) . Ma la prima cosa che mi viene in mente leggendo articoli sull’argomento è che con queste quisquilie l’attenzione pubblica verte su cose di cui relativamente si ha bisogno e si svia l’occhio comune dai veri problemi, per non dire che si depista proprio per perdere le tracce di questioni più importanti, che però non devono riguardare noi, pubblico con l’obbligo di effetto di straniamento.

 

Un grosso problema che invece dovrebbe interessare tutti, coristi, chierichetti e non, è il grave e oltraggioso rifiuto di sottoscrivere la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità da parte della Chiesa. Il Vaticano ha partecipato attivamente ai lavori per la stesura del testo, durati cinque anni ma, alla conclusione, si è rifiutata di firmarlo. Motivo del rifiuto? Non erano sicuri che fosse stata inserita la postilla sul divieto esplicito verso l’aborto. Ora cosa mettesse in relazione l’aborto con i disabili rimane un mistero, le vie del pensiero ecclesiastico sono infinite…

 

Ma c’è anche da considerare che quando si parla di moratorie e convenzioni Onu ci sono sempre di mezzo i radicali, e non è che stiano molto simpatici ai cattolici, quelli lì…

Ci si doveva pensar prima. Bisogna cambiare il nome di questo documento tanto importante per il mondo per evitare pregiudizi di organi che si rivelano essenziali al momento delle trattative. Se la Chiesa non firma che figura ci facciamo noi italiani col mondo, dato che ce la teniamo in casa? E’ come litigare in pubblico coi propri fratelli: meglio evitare, è di cattivo gusto. Perché non “patti”? Quelli lateranensi li hanno firmati, firmeranno anche questi…

 

Eleonora Spadaro

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