Wind Jet, incertezza sui crediti dei lavoratori Rimpallo di responsabilità tra azienda e Inps

«Siamo stanchi di quest’odissea». La vicenda che lega i lavoratori di Wind Jet alla compagnia aerea siciliana è ancora senza una soluzione. Soprattutto, senza un lieto fine. I velivoli non volano più da quasi cinque anni, ma per gli ex dipendenti le disavventure non sono ancora finite. Arrivato per loro il licenziamento collettivo nel giugno dello scorso anno, sono diventati finalmente esigibili i crediti residui relativi al trattamento di fine rapporto e agli stipendi non percepiti. Ma solo sulla carta. Nella realtà, sono mesi che in centinaia fanno la spola tra i vari uffici dell’Inps, tra moduli, documenti da compilare e presentare. La maggior parte di loro ha ricevuto solo risposte vaghe, ma niente soldi.

«Ad oggi non conosciamo le reali cause per cui la maggior parte delle nostre pratiche sono inevase e alcune lo sono solo parzialmente, e perché il Tfr maturato durante la cassa integrazione straordinaria sia, a detta dell’Inps, addirittura impagabile», scrivono i lavoratori in una nota condivisa sui i social in queste ore. Dopo il licenziamento avrebbero dovuto, infatti, percepire il tfr maturato prima del 2007 (anno in cui è cambiata la legge sui fondi pensionistici) e gli stipendi arretrati, erogati dal fondo di Garanzia Inps, e ancora il tfr post 2007, erogato dal fondo di Tesoreria, e infine il tfr maturato durante la cassa integrazione.

Ad oggi le domande relative alle prime due tipologie di crediti sono state evase solo in pochi casi, e in molti di questi le spettanze sono state decurtate di oltre il 50 per cento. «Inps afferma di doverci solo la parte prevista dal concordato – racconta l’ex assistente di volo Silvia Lo Re, che è tra i lavoratori che non hanno ancora ricevuto alcun pagamento – e questo trova riscontro in alcune sue circolari, ma non ci sono riferimenti normativi e sono mesi che continuiamo a fare domande senza avere risposte certe». 

La maggior parte delle domande è comunque inevasa. A questa situazione si aggiunge il problema legato al tfr maturato durante i quattro anni di cassa integrazione a cui si accede con una procedura diversa. «L’azienda dice di aver inviato le domande, ma nessuno ha un numero di protocollo – spiega Lo Re – Inps dice che questo tfr non può essere versato per via di contributi non corrisposti da parte della Wind Jet. Non sappiamo – aggiunge l’ex dipendente – se questo è vero, né se un’azienda in concordato liquidatorio è tenuta a versarli. Di sicuro – sottolinea – se c’è un problema tra Inps e Wind Jet questo non ci dovrebbe riguardare, e soprattutto non dovremmo subirne noi le conseguenze». Dall’Inps gli ex dipendenti hanno avuto solo risposte verbali su un contenzioso esistente tra l’ente previdenziale e la società in concordato preventivo. «E ne devono pagare le conseguenze i dipendenti?», si chiedono nella nota, dove viene richiamato il principio di automaticità sancito nell’articolo 2116 del codice civile, secondo cui il tfr in cassa integrazione rientra tra le prestazioni previdenziali «dovute al lavoratore, anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e assistenza».

Inoltre, che le pratiche siano bloccate lo hanno saputo per passaparola. Chi ha avuto i pagamenti li ha avuti senza spiegazioni. Non si capisce perché alcuni – pochi – abbiano percepito per intero il tfr pre e post 2007 e gli stipendi arretrati, né perché altri abbiano ricevuto il 48 per cento circa delle somme dovute, mentre la maggior parte degli ex dipendenti non abbia ancora visto un euro. I criteri usati restano un mistero e chi ha avuto qualche soldo deve di certo ringraziare il caso o la fortuna. Chi sta ancora aspettando, inoltre, non ha nulla a cui appigliarsi. Se non c’è alcun documento in cui l’Inps ufficialmente gli nega i crediti, non c’è alcuna via legale da adire e nessun modo ufficiale per poter reclamare i propri diritti. Per questo, al momento, l’unico modo di farsi sentire è un appello sui social e un appuntamento annunciato per andare in massa a richiedere per l’ennesima volta spiegazioni al funzionario dell’ente previdenziale, sperando che cambi qualcosa. 

Agata Pasqualino

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