Whisky, sigari e rolex… i vecchi simboli della nuova mafia

Dopo i primi giorni di grande confusione, sono state condotte ieri le ispezioni all’interno del covo del boss mafioso Salvatore Lo Piccolo, arrestato lunedi a Giardinello (Palermo) nel bel mezzo di una riunione decisionale con il figlio Sandro ed altri due uomini d’onore. Il bunker nel quale il barone di Cosa Nostra ha trascorso l’ultimo periodo dei suoi lunghi venticinque anni di latitanza, setacciato dagli investigatori, ha portato alla luce un vero tesoro di materiale, pizzini (che il boss aveva tentato invano di gettare nel water all’arrivo della polizia), ma soprattutto ha rispolverato un aspetto concettuale che pareva roba solo da libri di storia: la Mafia come filosofia di vita e come costruzione simbolica da imparare e impartire.

Così dopo la Bibbia ed i messaggi criptati di Provenzano, è stata una grande sorpresa scoprire che, assieme alla montagna di “nomi” venuta fuori tra gli appunti del barone Lo Piccolo, gli investigatori hanno rinvenuto un vero e proprio “decalogo del buon mafioso” probabilmente battuto a macchina dal boss stesso. La lista di regole da rispettare, trovata in mezzo alle tante carte di Lo Piccolo e divisa puntigliosamente in dieci punti, rispecchia esattamente tutto ciò che è lo stereotipo del mafioso e del suo modello di vita:

1)Non ci si può presentare da soli a un altro amico nostro, se non è un terzo a farlo
2)Non si guardano mogli di amici nostri
3)Non si fanno comparati con gli sbirri
4)Non si frequentano nè taverne nè circoli
5)Si ha il dovere in qualsiasi momento di essere disponibile a Cosa nostra. Anche se c’è la moglie che sta per partorire
6)Si rispettano in maniera categorica gli appuntamenti
7)Si ci deve portare rispetto alla moglie
8)Quando si è chiamati a sapere qualcosa si dovrà dire la verità
9)Non ci si può appropriare di soldi che sono di altri e di altre famiglie
10)Niente affiliazione per chi ha un parente stretto nelle varie forze dell’ordine, oppure chi ha tradimenti sentimentali in famiglia, o chi ha un comportamento pessimo e che non tiene ai valori morali

E, così, alla luce di questi precisi, ma anche improbabili precetti c’è da domandarsi se la mafia sia davvero poi così cambiata da tempi vetusti in cui i mafiosi giravano in abiti gessati, fumavano sigari, sorseggiavano buon whisky, avevano al polso costosi orologi d’oro ed erano sedicenti religiosi. Anche perché, se poi si aggiunge che nel buco di Giardinello dove concertavano i Lo Piccolo – alle cui pareti erano appese una serie di icone sacre – sono state trovate bottiglie di Chivas, di Jack Daniel’s, scatole di sigari cubani e nazionali, oltre al succitato “decalogo”, allora il dubbio si fa più insistente.

Non c’è più da ironizzare, insomma, di fronte alla rappresentazione convenzionale e manieristica che nel mondo si ha della mafia. Non c’è più nulla da correggere quando un amico straniero ci balbetta di una mafia fatta di lupare, “famigghie”, collane d’oro e di padrini alla Vito Corleone.

Portano gli stessi vestiti, adorano gli stessi “vuoti santini”, partecipano allo stesso teatrino allegorico, insomma, quelli della vecchia mafia “verticale” con questi della nuova mafia “orizzontale” del nuovo secolo. Vivono della modernità dei processi economico politici, ma rimangono arcaici nelle movenze e nella loro immagine, questi nuovi picciotti.

E dunque esistono ancora i bravi di una volta che erano “guai a toccargli la madre o la moglie”?

Sembra di sì, ma comunque lo scopriremo al prossimo pizzino.

Riccardo Marra

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