Vedendo il modo in cui il Palermo si è imposto sulla Sampdoria, molti si saranno posti degli interrogativi. Dove sarebbero, adesso, i rosanero se avessero giocato così anche nei mesi scorsi? E soprattutto, perché rovinare con un finale in sofferenza una stagione che tutti gli addetti ai lavori (dalla società alla squadra) avrebbero potuto gestire diversamente? Il convincente successo contro i blucerchiati ha ribadito che la compagine guidata da Ballardini è tecnicamente superiore alle dirette concorrenti per la salvezza. Il problema è che solo nelle ultime due settimane il Palermo ha dimostrato di essere squadra. Di essere un gruppo consapevole dei propri mezzi. Un collettivo in cui ognuno si sacrifica per il compagno lottando in campo senza risparmiarsi mai. Nelle gare contro Frosinone e Sampdoria si è visto un Palermo che sa cosa significa essere in zona retrocessione e combattere per la sopravvivenza. Il collettivo non brilla per la qualità dei suoi interpreti (ad eccezione di Vazquez, decisivo ieri con un gol e…mezzo), ma negli ultimi incontri ha trovato le risorse per colmare le proprie lacune acquisendo la giusta mentalità e sfruttando caratteristiche altrettanto utili come la grinta, l’intensità e la determinazione.
La soddisfazione per una vittoria di fondamentale importanza in chiave salvezza come quella ottenuta ieri in casa contro la Samp va di pari passo con i rimpianti per quello che poteva essere e non è stato. I bilanci si faranno ovviamente alla fine del campionato. Resta, però, un grande rammarico. Il rischio è che i rosanero si siano svegliati tardi ma, intanto, riuscire in extremis ad alimentare le speranze con due affermazioni consecutive è già un buonissimo risultato. E la salvezza, adesso, non è più un miraggio: basta poco, infatti, per cambiare gli scenari (se domenica prossima il Palermo non perde a Firenze e il Carpi non fa risultato contro la Lazio la strada diventa in discesa) e diventare all’ultimo atto del campionato arbitri del proprio destino.
«Bentornato Palermo» può essere il titolo giusto per descrivere la prova di ieri, costruita (tecnicamente e anche tatticamente) sulla scia della vittoria conquistata a Frosinone. E’ visibile un punto in comune tra le due affermazioni: in entrambi i casi il Palermo ha mostrato nel contesto della stessa partita due profili vincenti, due dimensioni che convivono all’interno della stessa struttura. Accanto al Palermo dei big (l’asse di riferimento composto dai senatori e cioè da Sorrentino, Maresca, Vazquez e Gilardino ancora una volta ha lasciato una traccia significativa) si sta mettendo in luce un altro Palermo, quello dei gregari. Quello dei giocatori costretti finora ad operare spesso dietro le quinte e in grado di dare un valido contributo nel momento in cui vengono chiamati in causa. Elementi come Cionek (rispolverato a sorpresa da Ballardini), Vitiello, Andelkovic (che ieri ha festeggiato le cento presenze con la maglia rosanero), Rispoli e Morganella danno lustro all’immagine del Palermo-bis, un «apparato» determinante per il funzionamento dell’intero meccanismo.
Menzione speciale, infine, per il pubblico. Un Barbera con una porzione ridotta di tifosi non ha influito negativamente sulla prestazione della squadra. I giocatori, anzi, hanno tratto beneficio dalla presenza dei soli abbonati presenti ieri sugli spalti. Erano pochi ma buoni. Il provvedimento restrittivo notificato nei giorni scorsi dal prefetto ha penalizzato una grossa fetta di tifosi, ma i supporters che ieri hanno assistito al match hanno controbilanciato il peso dell’ingiustizia supportando la squadra per tutto l’arco della partita e creando dal punto di vista ambientale le condizioni per una giornata di festa.
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