Università prêt-à-porter

Souvenir, tazze, abbigliamento casual ed elegante, profumi, zaini, quaderni e penne: questi sono i nuovi strumenti di comunicazione delle Università italiane post-autonomia, destinati ad implementare l’immagine e supportare le iscrizioni. Avete presente l’oggettistica tanto alla moda griffata Yale, Oxford o Cambridge? Esatto, stiamo parlando esattamente dello stesso genere di iniziative, ma se la nostra esterofilia ci potrebbe portar a considerare poco trendy felpe con su scritto UniCt, beh… cominciamo ad abituarci all’idea.

 

Iniziative di questo tipo hanno avuto inizio a partire dal 2001 quando dopo la riforma, si è dovuto far fronte agli acuiti problemi economici che quando non tappati da corsi di laurea scadenti, hanno generato una più sana comunicazione tradizionale. Non per niente nel quadriennio 2001-2004 gli investimenti pubblicitari sono aumentati del 104 %, con un lieve calo per il 2005 che però rappresenta una migrazione verso strategie maggiormente differenziate.

 

Le università di Bologna, Pavia, Siena, Padova, Udine, Modena, Arezzo, Parma, Torino, lo Iulm e il Politecnico di Milano, sono già dotate di boutique all’interno delle Facoltà, addirittura a volte coadiuvate da punti vendita posizionati nel centro storico cittadino e lì sta la vera americanata: nell’Up-store di Padova, il 60% dei cinquantaquattromila pezzi venduti era destinato a studenti o professori, mentre il resto è diventato souvenir turistico, dimostrando come ormai l’istituto rappresenti la città come qualsiasi altro monumento. Piano di comunicazione pienamente riuscito.

 

Al di là delle prevedibili polemiche degli intellettuali scarsamente comunicativi, queste iniziative sono assolutamente positive, sia per i profitti che per il senso di appartenenza che possono stimolare, ma soprattutto per le opportunità che possono spalancare. L’abbigliamento e l’oggettistica da tempo ormai hanno connotazioni che vanno ben al di là del loro uso strumentale, tanto che spesso le cose più belle sono inutili o alla meglio inutilizzabili, ma università come quelle di Comunicazione hanno il dovere di comunicare creando e diffondendo un’identity ben precisa.

 

Parlare di marketing e iscrizioni non è un’eresia perché la comunicazione deve semplicemente sviluppare e declinare nei nuovi canali le reason why dell’Università, valorizzando ad esempio la tradizione, l’avanguardia, il corpo docente, etc. I gadget poi non fanno altro che completare questo piano integrato, creando materialmente degli oggetti che trasportino fisicamente i valori pubblicizzati. Nessun artificio quindi, solo un vivere nel presente.

 

Link:

Il merchandising dell’università di Padova

Il merchandising dell’università di Bologna

Il merchandising dell’università di Pavia

Antonio Patti

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