Un libro su Nawal, Lady Sos che accoglie i migranti «Chi lancia un allarme diventa parte della sua vita»

Lui lavora come educatore in una scuola tra Monza e Milano, ha iniziato a scrivere per «dare voce ai senza voce» e oggi fa pure il giornalista per la rivista Vita. Lei macina chilometri sulle strade della Sicilia sudorientale per fornire accoglienza e aiuto ai migranti che sbarcano sulle nostre coste. Quando la casa editrice Edizioni Paoline ha chiesto a Daniele Biella di raccontare in un libro la storia di Nawal Soufi, attivista di origine marocchine trapiantata da piccola a Catania, il cronista non ha perso tempo. D’altronde i due si erano già conosciuti. Ne è nato un libro, Nawal, l’angelo dei profughi

«Mi sono imbattuto in Nawal – racconta Biella – mentre cercavo informazioni sui figli di una coppia trentenne arrivata a Milano, erano quattro e tutti e quattro risultavano dispersi. Lei in quei giorni era lì e aiutava i parenti di migranti morti o arrivati in Italia». Alla stazione lombarda Nawal continua a compiere le stesse azioni che ogni giorno fa a Catania: va incontro ai migranti che arrivano e si riuniscono nei tradizionali luoghi di ritrovo, li aiuta a comprare i biglietti per proseguire il loro viaggio, a mangiare e a trovare un posto dove dormire. E li mette in guardia da quelli che lei chiama «gli scafisti di terra». Ben prima che le indagini dei magistrati siciliani facessero luce su diverse organizzazioni radicate nell’Isola e con diramazioni al Nord Italia e in Europa, Nawal denunciava la presenza di persone pronte a lucrare sulla pelle dei migranti, anche dopo aver attraversato il canale di Sicilia. Il tempo le ha dato ragione. Il giornale inglese The Guardian l’ha ribattezzata Lady Sos. 

«Non volevo scrivere un libro che fosse una sua biografia – spiega Biella – mi è subito piaciuta l’idea di raccontare, attraverso la sua storia, l’umanità che ci sta sotto, le persone che fanno parte o sono passate dalla sua vita che è piena di aneddoti, sin da quando, da piccola, è giunta in Italia». La passione civile di Nawal s’infiamma con lo scoppio della guerra civile in Siria. L’attivista 27enne non manca occasione per spiegare a chi non ne è a conoscenza cosa sta succedendo in quel Paese lontano. Lo fa spesso mischiando lacrime e parole, con un megafono in mano. Poco importa se su un autobus, in piazza Stesicoro a Catania, o in piazza Teatro Massimo dove la sera proiettava su un telo le immagini della guerra in corso, o ancora a margine di un corteo a Niscemi. «Fin dai primi momenti della rivoluzione – spiega l’autore del libro – si è messa in contatto con gli attivisti siriani che le mandavano report, si parlavano via skype». 

Nelle ultime settimane i due hanno presentato il libro a Milano, Roma e in tante altre piccole realtà. «Spesso alla fine degli incontri le chiedono cosa possono fare loro, da qui, per contribuire, per noi ragionare insieme sulle possibili soluzioni a un nodo così delicato è il successo più grande». Nei prossimi mesi anche in Sicilia ci saranno una serie di appuntamenti. Al momento l’unico certo è l’8 luglio quando il libro verrà presentato ad Agrigento. Ci sarà pure il neocardinale Francesco Montenegro, presidente della Caritas italiana, che ha anche scritto l’introduzione. «Non sono suoi connazionali – scrive Montenegro a proposito del servizio di Nawal – lei è marocchina e i profughi sono nella maggior parte siriani, né il suo è un lavoro a cui spetta una retribuzione. Chi, nel cuore della notte, lancia un sos perché il motore è andato in avaria o perché lo scafista è scappato, è considerato da Nawal come il padre o la madre o il fratello: è parte di lei, della sua storia e della sua stessa vita».

Salvo Catalano

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