Il gup di Palermo Rosario Di Gioia ha condannato complessivamente a circa 70 anni di carcere gli imputati del processo su un giro di mazzette alla Motorizzazione. A undici anni e due mesi è stato condannato Luigi Costa, il funzionario accusato di corruzione e accesso abusivo al sistema informatico che nascondeva in casa 590 mila euro in contanti dietro l’armadio della camera da letto. Per gli inquirenti sarebbe stato il prezzo della corruzione.
Secondo i pubblici ministeri Vincenzo Amico e Giulia Beux, il giro di favori in cambio nell’ufficio di soldi era grosso. Gli agenti della Polstrada, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, piazzarono telecamere e microspie all’interno degli uffici palermitani. Costa fu immortalato mentre contava i soldi in bagno. Le pratiche “pagate” con soldi e regali riguardavano il rilascio di carte di circolazione, cambi di destinazione d’uso dei veicoli, collaudi di impianti Gpl, immatricolazione di mezzi esteri o dismessi dalle forze dell’ordine in Toscana, Lazio e Trentino Alto Adige. La voce dell’esistenza del canale aperto alla Motorizzazione palermitana si era sparsa in giro per l’Italia.
A Palermo, Brescia, Cassola, Vicenza, Palagonia le agenzie di disbrigo pratiche sapevano a chi chiedere aiuto. Oltre a Costa sono stati condannati Alfredo Gioietta a 7 anni e 2 mesi, Giuseppe Calabrese a 5 anni, Rosario Domenico Antonio Crapa a 4 anni e 4 mesi, Maurizio Caruso a 4 anni e 2 mesi, Giuseppe Gullo a 3 anni, Giovanna Passavia a 11 anni e 4 mesi, Rosario Rubino a 6 anni e 2 mesi, Nadia Abitabile a 3 anni, Filippo Maniscalco a 3 anni e 6 mesi, Salvatore Cavarello a 4 anni e 4 mesi, Gerlando Cracolici 3 anni e 10 mesi, Jordan Peli a 2 anni, Daniele Cammarata a 2 anni e 6 mesi, Antonio Gelsomino a 3 anni e 6 mesi, Giuseppe Palermo a 7 anni.
Sono stati assolti Walter Bacile difeso dagli avvocati Antonino e Giuseppe Reina, Nicolò Bonelli difeso dall’avvocato Domenico Emma, Lelio Calabrese difeso dall’avvocato Lillo Fiorello, Francesco Caponetto difeso dall’avvocato Antonio Gargano, Giancarlo Ferraro, difeso dall’avvocato Domenico Acciarito, Michelangelo Fricano difeso dall’avvocato Enrico Tignini.
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