Tre pericolosi sovversivi

Cosa hanno in comune, secondo voi, Elvis Presley, Jonh Lennon e Jim Morrison ? Sono tutti e tre famosi, tra i più famosi, musicisti rock e sono defunti da tempo. E poi? Tutti e tre suscitarono la, definiamola così, morbosa curiosità del Federal Bureau of Investigation che su di loro indagò in lungo e in largo.

Il risultato sono diversi dossier che Selene Edizioni propone nella collana Distorsioni. Un ribelle senza causa di Eddie Spinazzi su Presley, Dimmi la verità. Il Watergate del rock’n’roll di Jon Wienner su Lennon e I giorni del caos di John Delmonico su Morrison . Opera  meritoria visto che in questo modo si disgelano tanti segreti mormorati negli anni dagli appassionati di rock. Sin dagli esordi a cavallo tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, si intuì che rock’n’roll non voleva solo dire canzonette più o meno ritmate e balli sgangherati. Mamme e babbi d’ogni latitudine si opposero da subito a questa nuova forma musicale che di lì a poco avrebbe rivoluzionato prima la gioventù americana poi quella mondiale.
Va detto subito che i tre libri elaborati sul materiale dei dossier da Delmonico, Spinazzi e Wiener, tutti e tre provenienti dal mondo della musica, vanno letti come atti d’amore di fan decisamente battaglieri i quali, venuti in possesso di documenti importanti e in passato secretati, qui li propongono volendo dimostrare che Elvis, John e Jim non furono mai quello che l’Fbi voleva fossero, pericolosi per la sicurezza degli Stati Uniti d’America. Anzi, a giudicare oggi, pericolosi lo furono, purtroppo solo per se stessi.

Tre musicisti, tre uomini, tre esperienze diversissime le loro- un figlio del Sud statunitense il primo, l’espressione, dolorosa per le vicende familiari, della Liverpool  operaia il secondo e il risultato di una rigidissima educazione, il padre era un militare di carriera, il terzo- che i tre volumi ci propongono nel loro scontro con il mefistofelico, mitico J.Edgar Hoover  che voleva, in loro, colpire una gioventù, una società che, dannazione, cambiava ascoltando le loro canzonette. Presley, però, non ebbe mai connotazioni rivoluzionarie- fece il soldatino nella vinta Germania poi si trasferì per sempre, bacino e ciuffo, in quel di Las Vegas agli ordini del suo manager, il ‘colonnello’ Tom Parker, olandese, exs domatore di leoni dal passato loschissimo, attorniato da una corte terribile – arrivando, come ben mostra la copertinac del libro di Spinazzi che lo vede stringere la mano al presidente USA Richard Nixon  vero eroe del Watergate, a essere financo bolso agentucolo hooveriano.
Lennon e Morrison no, le ribellioni giovanili non le rinnegarono mai. Solo che il bel Jim scelse di autodistruggersi forse per cercare di aprire quelle blakeiane ‘porte della percezione’ che aveva voluto come nome del suo gruppo mentre John i guai, i problemi con le autorità statunitensi li ebbe sul serio, rischiò addirittura d’esser cacciato dalla sua patria d’adozione.

E poteva non averli lui, l’idolatro ex Beatle Lennon che già all’apice del successo del quartetto di Liverpool aveva fatto infuriare gli Stati del profondo Sud affermando che loro quattro erano più popolari di Gesù Cristo, cantando in America, ‘la terra della speranza e della libertà’ come pomposamente ama autodefinirsi, di donne che erano, e sono, ‘i negri del mondo’, di ‘eroi della classe operaia’ immaginando, sognando, e grazie ancora, un mondo diverso?

Paolo Zaccagnini

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