Trattativa Stato-mafia, depone il pentito Di Filippo «Bagarella e Berlusconi avevano fatto un patto»

«Mafia e politica, almeno fino al 1995, erano la stessa cosa». Parola di Pasquale Di Filippo, pentito di Cosa Nostra palermitana, genero del boss Tommaso Spadaro. Il collaboratore ha parlato oggi all’udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia davanti alla Corte d’assise di Palermo. Testimonianza che ha riguardato soprattutto i rapporti tra Forza Italia e Cosa Nostra e il presunto accordo tra le due parti. 

«Non esisteva in Sicilia nessun partito politico in grado di vincere le elezioni senza il volere di Cosa nostra – ha affermato Di Filippo – Mafia e politica, almeno fino al 1995, erano la stessa cosa. Ci fu il periodo del partito Radicale, poi quello Socialista, poi venne il momento di Berlusconi». 

A proposito del partito dell’ex presidente del consiglio, il pentito ha raccontato di essere rimasto molto deluso dal fatto che Forza Italia dopo le elezioni, non rispettò presunti accordi perché ci si aspettava, in cambio dei voti, interventi legislativi sul regime del carcere duro a cui erano sottoposti diversi boss mafiosi. Di questo patto Di Filippo sarebbe venuto a conoscenza direttamente da Leoluca Bagarella – boss corleonese, condannato all’ergastolo per la strage di Capaci e, tra gli altri, per gli omicidi del capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano e del piccolo Giuseppe Di Matteo.

«Ho chiesto a Bagarella perché avessimo votato Berlusconi – ha detto oggi Di Filippo – e mi lamentai delle condizioni di mio suocero (che era detenuto a Pianosa, ndr) e del fatto che nulla fosse cambiato. Lui, parlando del leader di Forza Italia, mi rispose: “Lascialo stare perché in questo momento, mischinazzo, non può fare niente per noi, appena si potrà muovere stai sicuro che farà qualcosa”. Da questo io ho capito che Bagarella e Berlusconi avevano fatto un patto». 

L’abolizione del carcere duro era, secondo il collaboratore di giustizia, il vero pallino di Cosa nostra. «Le stragi erano state fatte per ricattare lo Stato – ha aggiunto – Questo io l’ho detto nel 1995 quando ho iniziato a collaborare. Gli attentati erano un modo per dire: o si fa come diciamo noi, o continuiamo così. La richiesta principale era l’abolizione del 41bis».

Redazione

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