Trapani, il vescovo ‘rimosso’ all’ombra degli ‘incappucciati’

All’indomani dalla rimozione del vescovo di Trapani, Monsignor Francesco Miccichè, grandi nubi si addensano sul Vaticano, per un provvedimento che, oltre ad essere immotivato, presenta più di qualche lato oscuro.

Uomo umile, ma risoluto, Monsignor Miccichè. Amatissimo dal popolo della sua Diocesi, o meglio da quella parte semplice e sana che nulla sa di dietrologie e che ora piange perché gli è stato strappato un padre e non capisce perché. Perché, in effetti, non tutti, a Trapani e dintorni, lo amano. Anzi. In un territorio difficile, stritolato da mafia, massoneria e cattiva politica, il vescovo ha scelto la rottura, mettendosi contro i poteri forti. Ma è stato lasciato solo. Abbandonato proprio dalla Chiesa a cui lui, nonostante tutto, si rimette ed obbedisce. Anzi è proprio dall’interno della Curia trapanese che… Ma andiamo con ordine.

I guai per l’alto prelato sono iniziati dopo aver denunciato un sacerdote, padre Ninni Treppiedi, molto bene inserito nelle alte sfere dei ‘sacri’ palazzi di Roma. Un tipo tosto, padre Treppiedi. Tanto che, dopo essere stato nominato Monsignore, sembrava avere davanti a sé una rapida e folgorante carriera. Ma il vescovo di Trapani, dopo aver scoperto e denunciato alla magistratura alcuni gravi fatti di cui si era reso protagonista il padre-Monsignore infedele, gli ha sbarrato la strada. Ha sospeso il sacerdote a divinis, decisione che la Chiesa ha poi dovuto ratificare. Inghiottendo amaro, sembra. Perché i bene informati raccontano di un richiamo, non si sa se scritto o verbale, che il prefetto della congregazione avrebbe fatto a Monsignor Miccichè per la sua scelta di denunciare i fatti alla magistratura. Come dire, i panni sporchi si lavano in famiglia.

E’ stato però solo grazie a quella denuncia che sono emersi fatti gravissimi per i quali oggi l’ormai ex padre Treppiedi è indagato, insieme ad altre 10 persone per una sfilza di reati che vanno dalla calunnia alla truffa, dalla diffamazione all’appropriazione indebita.

D’altra parte, lo stesso Treppiedi non avrebbe esitato a dare in pasto alla stampa la notizia, poi rivelatasi infondata, di un ammanco di un milione di euro di cui il vescovo sarebbe stato responsabile. Forse sperando di distogliere l’attenzione dalle sue malefatte. Ma la Procura della Repubblica di Trapani non ci è cascata e più passava il tempo più era chiaro agli inquirenti che il vescovo di Trapani, in questa brutta storia, era solo parte lesa.

Ma Treppiedi aveva costruito solidi legami al vertice delle gerarchie ecclesiastiche e politiche. Se Monsignor Miccichè non era certo il suo più forte alleato, il prete-Monsignore vantava – e vanta – frequentazioni vere o millantate con personaggi del calibro del Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo. Per non parlare del senatore Tonino D’Alì, Pdl, ex sottosegretario all’Interno, sott’inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. Insomma, Monsignor Miccichè, a Trapani, di piedi ne ha pestati tanti. Anche a persone importanti.

Secondo quello che emerge dalle indagini della Procura di Trapani, padre Ninni Treppiedi avrebbe messo in piedi un sistema di potere e di controllo che gli sarebbe servito semplicemente per arricchirsi. E ricco e potente lo era se sono vere le rivelazioni del sito “Informare per resistere”, secondo il quale egli poteva permettersi, già da semplice sacerdote, un conto allo Ior, normalmente riservato agli alti prelati.

Ma, come detto, gli agganci di padre Treppiedi varcano i confini dell’Isola e sarebbero radicati nei ‘sacri’ palazzi romani. C’è una circostanza inquietante denunciata solo da un quotidiano online: un paio di indagati, assieme a padre Treppiedi, avrebbero avuto accesso indisturbati nelle più delicate stanze del Vaticano, trovandosi a poca distanza dal Papa. Pubblicando, poi, sulla bacheca di Facebook foto e commenti. Salvo poi ritirare e fare sparire tutto, quando però quelle foto erano già finite sul tavolo del magistrato.

Quest’ultimo fatto risale al 18 febbraio scorso, quando si è svolto a Roma il Concistoro per la nomina di nuovi 22 Cardinali. Uno dei nuovi è Monsignor Bertello, ex Nunzio Apostolico in Italia. Su Facebook è finita la foto che lo vede assieme a due alcamesi, Antonella Aprile e Aldo Mirabile, tutt’e due indagati con padre Treppiedi. E c’è anche un’altra foto: sempre la coppia alcamese con un altro neo- Cardinale: Monteiro De Castro, ex segretario della Congregazione dei vescovi: guarda caso, la congregazione che ha portato avanti l’ispezione nella Diocesi di Trapani, nominando Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazzara del Vallo, visitatore apostolico, ovvero “ispettore” o inquisitore, se preferite.

Questa congregazione ha il potere assoluto di decidere sui vescovi. Quindi la Aprile e Mirabile, sodali di Treppiedi, si sarebbero trovati proprio nelle sale del Vaticano invitati da Monsignor De Castro, il prelato che ha firmato la visita apostolica a Trapani dopo lo scandalo dell’anno scorso. Ovvero l’altro prelato che ha inviato nella Diocesi di Trapani Monsignor Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, come ‘visitatore apostolico’, ovvero l’inquisitore di Monsignor Miccichè.

Ma perché se non c’è mai stata un’inchiesta giudiziaria sul Vescovo, il Vaticano invia Mogavero a Trapani? Una domanda a cui l’avvocato romano della Curia nel corso di una conferenza stampa lo scorso 20 ottobre non ha voluto rispondere. Secondo fonti della Santa Sede, l’ispezione avrebbe preso le mosse proprio da un dossier presentato in Vaticano da Ninni Treppiedi. Che oggi sembra avere avuto la sua rivincita.

La notizia di quella visita apostolica fu anticipata a tutti dalle solite indiscrezioni, oggi riconducibili allo stesso Treppiedi. Il sito on line “Informare per resistere” ha riportato, nel marzo scorso, le dichiarazioni di Vito Galluffo, avvocato socialista di Treppiedi che già allora aveva dato come certa la rimozione di Monsignor Miccichè dal proprio incarico di vescovo di Trapani. Controllori e controllati dalla stessa parte? Sembrerebbe proprio di sì.

Oggi quelle parole ritrovate sul web suonano come pietre. Come potevano Treppiedi e il suo avvocato sapere con certezza, già alcuni mesi fa, dell’imminente rimozione di un vescovo, protagonista, suo malgrado, di procedimenti giudiziari in cui è solo parte lesa, quando la stessa Curia di Trapani era all’oscuro di tutto? Perché o chi nella Chiesa vuole punirlo? Come possono soggetti laici, indagati per reati gravi, avere accesso alle stanze dei “controllori” e a notizie riservate, quando neanche il diretto interessato, Monsignor Miccichè, ha potuto avere accesso alla relazione del vescovo di Mazara del Vallo, Mogavero, e alle stanze dei “controllori” per chiarimenti e spiegazioni?

Cosa paga, Monsignor Miccichè? La lotta alla Massoneria? La denuncia alla magistratura che ha dato fastidio a qualche lobby in Vaticano?

Il procuratore della Repubblica di Trapani, Marcello Viola, ha tenuto a precisare che sono problemi interni alla Chiesa. Per la magistratura inquirente il vescovo Francesco Miccichè è solo parte offesa. Nella lettera di commiato del Vescovo alla Diocesi (che pubblichiamo integralmente in altra parte del nostro giornale), di recente da lui consacrata alla Madonna, si legge tutta l’amarezza per una ingiustizia subita, ma accolta.

Vengono in mente le parole di Sciascia nel Consiglio d’Egitto: “Riconosco il disperato rantolo della verità”. La Verità. Leggendo la lettera del Vescovo rimosso viene da pensare che forse anche la Chiesa dovrebbe fare le pulizie di primavera, per evitare di dare un’immagine di sé degna di un film di Dan Brown. Dopo la pedofilia, la Massoneria.

Tra le dichiarazioni dei fedeli ne riportiamo una per tutte: “Il pastore è stato percosso e le pecore sono smarrite. Ci appelliamo al Papa. Fiduciosi aspettiamo risposte”.

http://www.linksicilia.it/2012/05/trapani-monsignor-micciche-non-e-piu-vescovo-un-complotto/

 

 

Blasco da Castiglione

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