Vent’anni dopo la morte di Rita Atria, il suo paese natale sembra non volerle ancora perdonare la scelta di diventare testimone di giustizia. Gli abitanti di Partanna, in provincia di Trapani, ricordano ancora l’eco di quel nome e sembra che quasi lo temano. E’ dopo le uccisioni del padre don Vito e del fratello Nicola che aveva tentato di prendere il posto del padre e aveva condiviso con la sorella minore segreti relativi alle dinamiche mafiose , che Rita ha incontrato la figura che l’ha segnata per sempre: Paolo Borsellino. Per lo zio Paolo, all’epoca procuratore di Marsala, la giovane rappresenta assieme alla cognata Piera Aiello una vera miniera d’informazioni. Tanto che in breve tempo gli arresti nella valle del Belice si susseguono. Tutti portano la firma inequivocabile della picciridda e di Piera.
Dopo il suo suicidio a Roma, il 26 luglio del 1992 – una settimana dopo la strage di via D’Amelio – nulla è ancora perdonato alla giovane. Una veloce benedizione alla salma e poi la tumulazione in una tomba la cui lapide viene distrutta a martellate dalla madre Giovanna. Solo nel 1997 l’associazione che porta il nome della ragazza ottiene un funerale postumo. «C’è stata una sorta di rimozione di quella che è ancora una ferita aperta», spiega Valentina Barresi, responsabile del presidio nato da poche settimane nella cittadina del Belice. «Dopo vent’anni Partanna dovrebbe riappacificarsi con la sua storia. Ci stiamo provando noi giovani – afferma decisa – visto che per i più grandi è molto difficile. In tutti questi anni non l’hanno fatto, allora ci proviamo noi».
Proprio sui suoi coetanei puntava probabilmente Rita, gli unici ancora immuni dalla mafia più subdola, quella che mette lentamente radici: «Prima di combattere la mafia – scriveva la giovane – devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi». Il presidio, nato a vent’anni di distanza dalla sua morte, è un’altra tappa di un cammino iniziato nel 1994 da due studentesse di Milazzo, Nadia Furnari e Santina Latella.
«Al momento siamo una decina di ragazzi, tra i venti e i trent’anni, ma contiamo di crescere. Tra noi c’è anche Michele Tammuzza, uno dei pochi che a Partanna hanno continuato a ricordare Rita in tutti questi anni», racconta Valentina. «Qualche sera fa abbiamo fatto un banchetto, una sorta di presentazione alla città. Abbiamo avuto un riscontro positivo, molti giovani si sono avvicinati». La storia di Rita Atria è un tabù ed è stato proprio questo alone di mistero a spingere Valentina a scoprire qualcosa di più: «Ho sempre voluto sapere il perché di questa indifferenza, i motivi veri. Abbiamo sentito l’esigenza di creare questo presidio – continua – per colmare quei vent’anni di oblio nei quali si è rinchiusa Partanna».
Un’eredità pesante, «ma che mi rende orgogliosa. E’ una grande responsabilità quella che sento». Soprattutto alla vigilia di un anniversario così importante. «Nella mattina renderemo omaggio alla tomba di Rita – spiega Barresi – Pino Maniaci, la testimone di giustizia Michela Buscemi e la direttrice di Casablanca Graziella Proto leggeranno alcuni stralci del diario. In serata, alle 19, ci collegheremo in diretta con viale Amelia a Roma, dove il presidio locale la ricorderà nel luogo in cui è morta».
«Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare? – si chiedeva Rita – Forse, se ognuno di noi proverà a cambiare… Forse ce la faremo». Grazie anche ai giovani della sua Partanna.
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