Suicidate Attilio Manca, libro sull’urologo messinese «La sua storia condensa quella del nostra Paese»

Lorenzo Baldo, vicedirettore del periodico online Antimafia Duemila, presenta alla libreria Feltrinelli di Palermo la sua seconda opera letteraria, Suicidate Attilio Manca, edito da Imprimatur. Il testo ricostruisce la morte del giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, Attilio Manca, trovato senza vita la mattina del 12 febbraio 2004 nel suo appartamento a Viterbo, dove lavorava. È disteso di traverso sul suo letto. Addosso ha solo una maglietta. Un telecomando schiacciato sotto il braccio sinistro e una scia di sangue che gli sporca il viso e forma una grossa chiazza sul pavimento. Evidenti sullo stesso braccio ci sono i segni di due iniezioni, che Attilio si sarebbe presumibilmente fatto da solo usando la mano destra. Attilio, però, era mancino. Nel suo sangue vengono ritrovati eroina, alcol e barbiturici. Overdose. Sul pavimento, in bella mostra, due siringhe col tappo inserito.

Alle prime ambiguità palesate dalla scena del crimine, si fa largo l’ipotesi che si possa trattare di un omicidio e non di un suicidio, come stabilito da subito dalla Procura di Viterbo. Un delitto commesso da mano mafiosa o, addirittura, da personaggi appartenenti ai servizi segreti deviati. Pare infatti che Manca si trovasse a Marsiglia nello stesso periodo in cui vi si reca Bernando Provenzano per sottoporsi a un delicato intervento alla prostata, nell’ottobre 2003. E che in quella occasione possa non solo aver riconosciuto il boss di Cosa nostra, ma aver incontrato anche personaggi esterni all’organizzazione criminale e appartenenti ai piani alti del potere. Gli interrogativi aumentano e le indagini vengono fortemente contestate dal legale della famiglia del giovane medico, Fabio Repici, che ottiene la riapertura del caso alla fine del 2008.

All’incontro di Palermo partecipano, insieme a Baldo e Repici, Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila, l’attore Maurizio Bologna, che legge alcuni brani tratti dal libro e il senatore Mario Michele Giarrusso della Commissione antimafia, che non risparmia aspre critiche alle autorità laziali: «Le risposte del Procuratore di Viterbo sono state quelle di qualcuno che doveva liberarsi da un’incombenza», dice riferendosi ad Alberto Pazienti, capo della Procura dal 2008. «Il caso Manca – continua il senatore – è fatto di gente che mente, gente che dissimula e gente che rema contro. Condensa alla perfezione la storia del nostro Paese». Ma fare chiarezza non è semplice. Soprattutto per chi non ha una profonda conoscenza del contesto barcellonese. «Si tratta di uno scenario fondato su un inevitabile contatto fra parti che dovrebbero restare separate», precisa Repici, che prosegue: «La devianza del potere a Barcellona Pozzo di Gotto è la consuetudine, la normalità».

Non mancano, analisi a parte, i commenti sul libro di Baldo. «Racconta la storia di Manca senza dogmi e senza retorica e mette in luce la piena succubanza alla magistratura da parte della Commissione antimafia», continua il legale. Lo stesso autore spiega di essere stato costretto a entrare dentro il dolore dei familiari per poterne raccontare il ruolo di testimoni. «Col libro ho messo insieme i tasselli scomposti della vicenda e le menzogne della Procura di Viterbo – spiega Baldo – Questo è un paese che non vuole avere memoria. Spetta a noi cittadini impegnarci per colmare le lacune e non essere dei complici». Commoventi, a fine incontro, l’intervento di Vincenzo Agostino, padre dell’agente Nino Agostino, ucciso nel 1989 e ancora senza giustizia. E la telefonata in diretta di Angela Manca, madre di Attilio: «Questo libro ha suscitato in me sentimenti contrastanti. Lorenzo Baldo è riuscito a dare voce a tutto quello che ho provato in questi anni: delusione, rabbia, impotenza».

Silvia Buffa

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