Strage di Ustica, 38 anni dopo ancora nessuna verità «Quel muro di gomma si è trasformato in basalto»

Sono passati 38 anni da quella sera del 27 giugno 1980, quando il Dc-9 dell’Itavia si inabissa in mare portando con sé 81 persone, tra passeggeri e personale di bordo. Una ferita ancora aperta e per la quale, nell’arco di questi 38 anni, sono state davvero poche le conquiste e le vittorie. L’ultima, in ordine di tempo, risale all’estate scorsa, quando la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza contro il Ministero della Difesa e quello dei Trasporti, ritenuti colpevoli non solo di non avere garantito la sicurezza di quel volo civile ma di avere poi depistato le indagini, e per questo condannati a risarcire con oltre 17 milioni di euro 29 dei familiari delle vittime. Ma non basta. E quel muro di gomma, espressione coniata proprio in seguito a questa tragedia, sembra difficile da scalfire ancora oggi. «Voglio vedere quali altre stranezze giornalistiche e quali nuove iniziative metteranno in campo i professionisti della distrazione di massa nell’intento di guadagnar tempo. L’obiettivo non può che essere il progressivo affievolimento della memoria che lentamente vanifica la ricerca della verità», commenta infatti l’avvocato Enrico Brogneri, autore del libro Ai margini di Ustica e testimone oculare in un certo senso di quello che avviene in cielo quella sera intorno alle 21.

Solo venti minuti dopo la sparizione del Dc-9 dai radar, infatti, mentre cammina per via Pach a Catanzaro nota un aereo militare che sorvola la città a bassissima quota, con motori e luci spente. Un dettaglio che cattura la sua attenzione e lo insospettisce. E oggi, secondo lui come anche per molti altri, a caratterizzare la vicenda di Ustica sono stati e sono ancora «depistaggi e verità negoziata». Tra le conquiste, però, c’è anche quella che riguarda il capitano Mario Ciancarella, ex pilota dell’aeronautica militare radiato con infamia nel 1983 con un documento a firma dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Firma che 33 anni dopo una sentenza del tribunale di Firenze ha dichiarato ufficialmente falsa, riabilitando la figura di un personaggio all’epoca tagliato fuori. È uno dei primi, infatti, a indagare sulla vicenda di Ustica, ed è lui l’uomo a cui il maresciallo Marco Alberto Dettòri telefona a pochi giorni dalla strage, pronunciando la frase con cui accusava il nostro Paese di esserne il principale responsabile. Dettòri è radarista in servizio a Poggio Ballone la sera della strage. Viene trovato impiccato sette anni dopo.

Solo di recente, dopo un esposto per riaprire le indagini sulla sua morte, la Procura di Grosseto ha disposto la riesumazione della salma dal cimitero di Sterpeto. Indagine riaperta anche per indagare sulla morte del tenente colonnello Sandro Marcucci, deceduto in un incidente aereo nel 1992 insieme al pilota Silvio Lorenzini, per i quali le indagini si sono riaperte nel 2012 per il reato di omicidio. «Sia per il caso Marcucci-Lorenzini che per quello che riguarda Dettòri le indagini stanno continuando. Nel primo caso si attende la consegna di un’altra perizia, mentre nel secondo caso si aspetta e basta», spiega Nadia Furnari, che fa parte dell’associazione antimafie Rita Atria che da anni si batte per fare luce proprio sulle vicende di alcuni ufficiali dell’aeronautica coinvolti nella tragedia dell’Itavia. «Noi andiamo avanti, le nostre ipotesi sono supportate da fatti. Ma sarebbe fondamentale aprire, prima o poi, una commissione d’inchiesta su tutte le stranezze di fatti, inchieste, depistaggi e processi monchi», sostiene.

Per l’associazione, così come per molti altri, la strage di Ustica non conta solo gli 81 morti ufficiali, quelli finiti in mare col Dc-9. A loro si aggiungerebbero le morti sospette di tutti quelli che all’epoca e negli anni immediatamente successivi alla tragedia cercarono di fare luce su cosa fosse effettivamente accaduto in cielo quel 27 giugno 1980. E sono in tanti, oltre i familiari delle vittime, quelli che ancora oggi vogliono sapere. «Abbiamo il diritto di conoscere cosa è successo quella notte, non la verità di comodo confezionata in salsa libica», commentano gli utenti sui social, «Quel muro di gomma si è trasformato in basalto. La verità, che tutti ormai conosciamo, non sarà mai svelata e quelle povere persone non avranno mai il riconoscimento che gli spetta. Sono caduti di una guerra che non era la loro». Intanto, i magistrati della Procura di Roma interrogheranno negli Stati Uniti Brian Sandlin, ex membro dell’equipaggio della portaerei USS Saratoga, che la sera del 27 giugno 1980 era in servizio sul ponte della portaerei e afferma di aver visto due F-4J Phantom della squadriglia Fighting 103 rientrare al termine di una missione di combattimento contro due Mig libici senza più l’armamento sotto le ali. Caccia partiti completamente armati e rientrati invece senza più alcun armamento.

«L’assenza di una verità giudiziaria certa sulla strage di Ustica, se non quella che pezzi dello Stato furono attivi nel nascondere la verità dei fatti e quella storica, è una macchia nella storia italiana. Una macchia solo in parte sbiadita dal lavoro certosino ed encomiabile fatto da alcuni magistrati e inquirenti, sempre sostenuti e incoraggiati dalle famiglie delle vittime – commenta anche il sindaco Orlando -. A 38 anni da quella data tragica che ha colpito tutta Italia, il Comune di Palermo è sempre vicino ai familiari, perché la loro richiesta di verità e giustizia è una richiesta di democrazia e trasparenza che riguarda tutti noi». A fargli eco anche il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel consueto discorso in occasione dell’anniversario della strage, da lui definita una «profonda ferita inferta alla coscienza civile del nostro Paese». Ma a parte la stima e la solidarietà per la tenacia dimostrata in questi anni dalle famiglie delle vittime e da tutti coloro che si sono impegnati per la ricerca della verità, sono poche – se non nulle – nel concreto le iniziative per abbattere una volta per tutte quel muro di gomma eretto 38 anni fa. Trentotto come il numero delle salme recuperate dal mare. 

Silvia Buffa

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