Strage Capaci, le autorità arrivano all’aula bunker Bindi: «Omicidio Dainotti è atto di profanazione»

«Non bisogna mai abbassare la guardia, la scelta di questo giorno, se non è fatta apposta, è comunque una profanazione». Così la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi all’aula bunker del carcere Ucciardone, in occasione delle celebrazioni per il 25esimo anniversario delle stragi di Capaci. La Bindi si riferisce all’omicidio del boss Giuseppe Dainotti, avvenuto ieri nel capoluogo siciliano. Presenti tra gli altri, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro dell’Interno Marco Minniti. Il presidente della Repubblica è stato accolto dagli applausi dei bimbi.

«Sappiamo che magistratura e forze di polizia non abbassano la guardia – ha continuato -. Dovremmo capire che la mafia comunque non è quella di 25 anni fa, quella l’abbiamo sconfitta. Non è morta, è viva ma non è la stessa e per combatterla dobbiamo in qualche modo cominciare a precederla come ci hanno insegnato Falcone e Borsellino. La mafia delle stragi era indubbiamente pericolosa, basta ricordare quegli anni, ma lo Stato ha dimostrato che quando vuole la può sconfiggere. Credo anche che non dobbiamo sottovalutare quella di oggi, che continua ad avere un controllo del territorio, che continua a trafficare con la droga e soprattutto che continua a fare affari e che sta inquinando con i soldi procurati con le attività illegali l’economia legale del nostro Paese. Insieme a noi dovrebbero imparare a non sottovalutarla anche i Paesi europei». 

Presente anche il figlio dell’agente di scorta Antonio Montinaro, Giovanni: «C’è il rischio che si riduca tutto alla memoria, al mero ricordo, però c’è tanto lavoro dietro. Sono occasioni per incontrarsi con la magistratura, con le forze dell’ordine, con le vittime, con i cittadini, sono occasioni di aggregazione. Chi critica giornate di questo tipo magari critica anche tutto il resto».

«La memoria è vita. Oggi siamo qui per confermare una cultura di vita alternativa alla cultura di morte di una mafia che nei decenni passati governava la città di Palermo avendo il volto di sindaci mafiosi o amici dei boss. Quella era la Palermo governata dalla mafia. Oggi la mafia non governa più Palermo ma esiste ancora, spara e c’è il rischio che qualcuno pensi che possa tornare a governare la città da Palazzo delle Aquile». Così il sindaco Orlando che poi commenta a sua volta l’omicidio Dainotti: «È la conferma che la mafia c’è ancora. Nessuno si illude che non ci sia ma è anche la conferma che la mafia non governa la città di Palermo ma la governava negli anni passati, quando andavamo ripetendo che la mafia ha il volto dello Stato», ha aggiunto. Sul rischio che l’antimafia diventi solo retorica Orlando ha detto che «ogni storia è una storia. Se c’è una storia pesante e che mi riguarda è quella di un’antimafia che è stata isolata negli anni in cui la mafia governava lo Stato. Oggi l’antimafia rischia di essere di facciata e strumentale. O e’ antimafia di popolo o e’ strumentale, ed e’ fonte di speculazioni e di scorciatoie. Quando viene colpito uno di coloro che si autoproclama rappresentante dell’antimafia il mio commento è: “meno uno, ce ne stiamo liberando”». 

«Questa vigilia di sangue a Palermo è un fatto terribile. Sono in corso le prime indagini per capire se c’è una strategia più ampia di quella che sembra in questo momento essere un regolamento di conti interno a un mandamento mafioso di Palermo ma non si può dire nulla di definitivo perché ci sono indagini intensissime in corso». Così il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, ha commentato l’agguato mafioso a Giuseppe Dainotti, un segnale di vitalità di cosa nostra che ha scosso la città a poche ore dall’importante ricorrenza in onore del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei loro agenti di scorta. «Chi lo vuole leggere come messaggio può leggerlo come tale – ha aggiunto Roberti – ma credo che questo episodio sia svincolato dalla circostanza dell’anniversario della strage di Capaci, ma ci richiama a necessità di non abbassare la guardia, perché nonostante i grandi risultati conseguiti la mafia esiste ancora e c’è ancora tantissimo da fare».

Gaspare Ingargiola

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