Sognando storie e leggende di madri

Da oggi parte sul nostro giornale una rubrica dal titolo “La Sicilia del cinema vista da…” dove intervistiamo artisti ed operatori culturali che sono legati alla nostra Isola e che ci danno una loro opinione sulle progettualità cinematografiche in Sicilia, passate, presenti e future, e sui loro progetti artistici riguardanti la stessa Sicilia. Iniziamo con una intervista a Maria Rosaria Omaggio, appena rientrata dall’esperienza speciale in Polonia, nel ruolo di Oriana Fallaci, sul set del film “Walesa” del grande maestro Andrzej Wajda (palma d’oro a Cannes, quattro nomination e Oscar alla carriera nel 2000, tra le altre numerose onorificenze nel mondo dello spettacolo).
Maria Rosaria Omaggio (nella foto a destra) viene spesso in Sicilia, e prossimamente sarà a Marsala con il suo recital “Omaggio a Voi” per inaugurare un nuovo spazio teatrale che si chiama ‘Bauardo Velasco’ (sabato 18 febbraio, alle 21.00 e domenica 19 febbraio alle 17.00). Nel suo recital è accompagnata dal Maestro Andrea Pelusi (flauto traverso, fisarmonica e sax) in una performance creata per festeggiare i suoi venticinque anni di teatro. Nel recital “Omaggio a Voi” la musica dialoga e va in contrappunto con la voce, la metrica dei grandi poeti ci emoziona insieme alla voce inconfondibile e profonda dell’artista romana-toscana, ma anche siciliana nel cuore.
L’attrice ripercorrerà anche a Marsala, con il suo pubblico, le donne che ha amato interpretare e che l’hanno fatta amare in teatro: da George Sand a ‘La Santa sulla Scopa’ di Luigi Magni, dalla Duse di D’Annunzio alla Cocotte di Trilussa, dalla Didone di Gabriel Garcia Márquez alla napoletana Filumena ed alla toscana Fallaci, dai giochi nonsense di Calvino a quelli in musica di Giorgio Gaber, dal ‘Sonetto d’amore’ di Shakespeare al Valzer della toppa di Pasolini, per salutare con Palazzeschi futurista, che già nel 1929 scriveva che “il Controdolore, il sorriso, è la miglior ricetta di vita”.

Quest’anno hai lavorato con due grandi registi, due maestri assoluti: Woody Allen e Andrzej Wajda.

“Esperienze uniche che mi hanno dato moltissimo. Adesso basterebbe fare un film con Wenders, e così realizzo in un solo anno tre film con maestri, anzi stelle del firmamento cinematografico dal nome che inizia con W: WWW come il web, ma anche come EVVIVA!”.

Ma non dimentichi mai la Sicilia dove hai lavorato tante volte e dove verrai nei prossimi giorni con il tuo recital. Ricordiamoci esattamente le esperienze principali che ti legano alla Sicilia. Quali sono, così, ‘a pelle’?

“Occhio Biondo, Occhio Nero Occhio Felino…..”, (titolato così con i cinque puntini finali), uscito nel 1984 ma girato se non ricordo male nel 1983, scritto e diretto e musicato da Muzzi Loffredo, cantante, regista e attrice palermitana, è stato per me una pietra miliare della mia storia con la Sicilia. Ero una donna siciliana anche in due film comici non girati in Sicilia, uno ‘Rimini, Rimini’ di Corbucci, dove ero la moglie di Maurizio Micheli, e l’altro in ‘Vanità’ di Capitani con Lando Buzzanca (nella foto, sotto, a sinistra). Il ricordo più recente è ‘Donne di Mafia’ di Giuseppe Ferrara, dove interpreto Antonietta Pennisi, personaggio ispirato alla moglie di Nitto Santapaola”.

Perché ‘Occhio Biondo Occhio Nero Occhio Felino…’ è la pietra miliare del tuo rapporto con la Sicilia?

“Perché la mia ‘coach’ è stata Muzzi Loffredo, che mi ha fatto immergere nella Sicilia, più di qualsiasi altra persona. Perché con Muzzi si sentono tutti i profumi e le voci della Sicilia. Per me ragazzina è stata una grande immersione nella cultura e nelle radici della punta della stivale. Io ho una nonna che si chiamava Alvarez de Toledo, sono spaccata tra Toscana e Regno delle due Sicilie, e non a caso sono nata a Roma, ma la mia genetica mi permette d’essere trilingue, anzi quadrilingue: toscano, napoletano, siciliano, ed ovviamente il romano, imparato non tanto in città come romano parlato, ma soprattutto come romano, antico e magnifico, del Belli, sviluppato artisticamente attraverso la magistrale guida di Gigi Magni. Ecco, Muzzi è stata per la mia sicilianità ciò che è stato per la mia romanità Gigi Magni”.

E allora cosa diresti dell’incontro con Muzzi, quale aneddoto ricordi?

“Tanti e conservo ancora con cura il pupo che mi regalò. Vi racconto un ciack speciale: in quel film interpreto vari ruoli di madre: la madre reale e quelle delle leggende, persino la madre Madonna e…nonostante non avessi ancora venticinque anni… Mentre giravamo in campagna, vicino Palermo, una delle prime scene della famiglia, cioè di ‘madre reale’, lei mi vide camminare nel vialetto con l’abito color burro, le labbra color geranio e la gestualità che avevamo studiato insieme…ebbene, benché fosse completa, non diede lo stop e fu colta da emozione. Ed io con lei. Aveva visto vivificata in me esattamente la madre della sua terra, la Sicilia, come la percepiva e la voleva rappresentare nel film. Questo è un episodio indimenticabile, più di scene difficili tecnicamente come quando rotolo dal dirupo, perché capii che, grazie alla direzione di Muzzi, ero veramente entrata nelle radici culturali della Sicilia e nei significati interiori della società matriarcale che ne è alla base. Non la ringrazierò mai abbastanza per questa immedesimazione totale e per questa grande esperienza della mia vita artistica. Ah! Un’altra coincidenza: Muzzi è nata il 5 febbraio, come mio padre”.

Un film molto intenso che rappresenta la psicologia della Sicilia attraverso le sue leggende anche molto crude e shockanti. Credo che ciò che è straordinario di quel film, che purtroppo non è molto conosciuto dal pubblico, è anche il fatto che sia stato creato prima dell’analogo e molto più famoso ‘Kaos’, dei Taviani, e attingendo direttamente dalle storie popolari della Sicilia senza la mediazione della letteratura di Pirandello, ma solamente raccontate nella loro verità dalla sensibilità straordinaria di Muzzi ed ovviamente dalla tua.

“Le leggende siciliane di ‘Occhio Nero, Occhio Biondo Occhio Felino…..’ sono molto forti e intimamente coinvolgenti. Hai detto che raccontano la psicologia intima della Sicilia attraverso storie e leggende di madri, e sono d’accordo. E’ stata una grande sfida vinta su tutti i fronti: ho anche avuto il coraggio di recitare con un galletto vivo in testa in una delle scene più toccanti del film, che poi ha ricevuto vari riconoscimenti tra cui, dopo Venezia De Sica, quello del ‘MoMA’ di New York”.

Il futuro della Sicilia del cinema. Cosa ti viene in mente?

“Personalmente, adorerei fare un film con Crialese e magari essere almeno una volta la Silvana, come la Mangano fu per Visconti, di Tornatore”.

Un’ipotesi che sembra molto bella ed accattivante: Crialese potrebbe essere la continuazione del tuo percorso personale di conoscenza approfondita della Sicilia iniziato a suo tempo con Muzzi Loffedo e proseguita con le tue tante occasioni di esprimere arte in Sicilia. Ma pensi che la Sicilia debba essere sempre legata quasi esclusivamente a film sulla mafia?

“Ma no! Si dovrebbe raccontare anche la storia delle arancine o della caponata! Ma bando agli scherzi, vedo che le potenzialità su altri generi sono in effetti sottoutilizzate: penso a film sulla storia della Sicilia, ad esempio”.

I film storici sulla Sicilia, in effetti, sono stati relativamente pochi, o delegati ad altri, rispetto alle grandi potenzialità che ci sono nell’Isola come materiali e come realizzatori. Cosa immagini come possibili progetti che magari Film Commission Sicilia ed altre istituzioni decentrate potrebbero caldeggiare?

“Una visione della storia siciliana dal punto di vista dei siciliani o del Sud. Ad esempio ci sono stati vari film sul Regno delle Due Sicilie visti dal Sud, o sulla storia ‘vista dal Sud’ o ‘Centro-Sud’, a partire già da ‘Nell’anno del signore’ (1969 n.d.r.) del mio grande maestro Luigi Magni e ‘La fine dei Borboni’ di Blasetti (del 1970) tra quelli che mi vengono in mente all’istante, come ad esempio ‘I briganti italiani’ di Camerini (1961), e ‘Li chiamarono briganti’ di Pasquale Squiteri (1999), ‘I Viceré’ di Faenza (2007) tratto dal celebre romanzo di De Roberto, e tanti altri. Ricordo tra tutti il film ‘Ferdinando e Carolina’ di Lina Wertmuller, del 1999 (nella foto sopra a sinistra), grande opera cinematografica, e certo tanti altri ancora, ma sono film spesso con una rilettura della storia ‘napoletana’ o ‘romana’ più che siciliana. Invece sarebbe giusto oggi riprendere questo filo con la storia raccontata dal punto di vista esclusivamente siciliano. E, ancora, sempre a proposito di ‘Occhio Biondo, Occhio Nero, Occhio Felino…..’, visto che Tullio Kezich, il grande critico recentemente scomparso mi definì ‘una perfetta Gattoparda’, posso aggiungere che questo sarebbe il ruolo che mi piacerebbe interpretare. Oggi avrei anche l’età giusta per essere la madre siciliana con tutte le sue contraddizioni: ad esempio, la madre di Lampedusa in un film sulla storia dello scrittore o su quella del suo legame con l’enigmatica moglie baltica. L’amore per due donne, che rappresentano un legame straordinario tra due mondi europei opposti, quello della Sicilia e quello del Baltico. Credo che sarebbe doveroso da parte della Film Commission incentivare storie di questo tipo, perché non solo fanno bene alla cultura ed al turismo in Sicilia, ma anche al paese-Italia che più che mai in questo momento ha bisogno di cultura per ritrovare la sua posizione del mondo, ed in questo contesto la Sicilia è una pietra d’angolo”. (nella foto a destra, Palazzo Filangeri Cutò, a Santa Margherita Belìce, prima che il terremoto del 1968).

Nell’attesa, a parte i fortunati spettatori al Baluardo Velasco di Marsala, possiamo rivedere Maria Rosaria in “A fari spenti nella notte”, tv movie di Anna Negri, in onda su RAI 1, martedì 21 in prima serata. Anche qui è una madre e per di più alcolista. Auguri Maria Rosaria e a presto in Sicilia!

 

Gabriele Bonafede

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