Siracusa, un tetto per la donna che viveva nel sacco «Solo primo obiettivo, ora deve costruire la sua vita»

Le foto di Agnes rinchiusa in un grande sacco nero che aveva scelto come rifugio hanno fatto il giro del web. È così che la ragazza 30enne di origine nigeriana ha passato gli ultimi anni della sua vita in corso Umberto, la via principale che collega il quartiere dell’isola di Ortigia con il resto della città di Siracusa. «Adesso sta meglio e qui sembra ambientarsi bene», dice la dottoressa che la sta seguendo ora che ha scelto liberamente di essere ricoverata nella comunità terapeutica assistita La Magnolia

«Ora è molto più tranquilla e serena», spiega a MeridioNews l’assessora alle Politiche sociali Alessandra Furnari, che negli ultimi mesi ha provato a entrare in contatto con la giovane. Negli anni, vari sono stati i tentativi di avvicinamento finiti nel nulla perché era lei stessa a non accettare nessuna delle soluzioni proposte. Arrivata dall’Africa con uno sbarco nell’aprile del 2016, viene trasferita in una struttura per la prima accoglienza dove resta fino all’ottobre dello stesso anno. Dopo qualche mese a Parma, è tornata a Siracusa in grave stato confusionale e con evidenti segni di violenze sul corpo. Da quel momento in poi ha sempre vissuto per strada. Fino a qualche giorno fa. 

«Non è stato facile entrare in contatto con lei, innanzitutto perché parla una sorta di inglese stentato anche se credo capisca tutto, perfino il siciliano. Al di là delle questioni pratiche, è sempre stata disponibile al dialogo senza però mai accettare nessuna forma di aiuto concreto, nemmeno un caffè sedute al bar o un panino – racconta Furnari che, dalla scorsa estate, ha spesso trascorso del tempo con lei sulla panchina di corso Umberto – Le ho spiegato che, anche opponendosi, sarebbe stata costretta a delle misure». Dopo una fase di calma, Agnes era diventata più nervosa, irascibile e aggressiva. «Mi sono preoccupata quando hanno cominciato a descriverla così anche persone che l’avevano sempre avvicinata senza problemi. In quel momento la necessità di aiutarla è diventata più impellente tanto che abbiamo anticipato i tempi previsti». 

È così che l’assessorato alle Politiche sociali del Comune e il dipartimento di salute mentale dell’Asp di Siracusa organizzano degli incontri per un’azione congiunta a sostegno delle giovane migrante. La scelta è quella di sottoporla a un trattamento sanitario obbligatorio, ma non prima di aver trovato una struttura disponibile ad accoglierla dopo la settimana di ricovero per evitare che tornasse sulla strada. «Il primo giorno quando sono andati a prenderla lei era talmente ostile che hanno lasciato perdere – precisa l’assessora – Quando sono tornati ha avuto un atteggiamento completamente diverso tanto che hanno potuto portarla via dalla strada senza usare la forza». 

È durante il ricovero per il tso che medici, assistenti sociali e mediatori culturali sono riusciti a convincere Agnes a firmare per il ricovero volontario nella comunità terapeutica assistita dove si trova già da qualche giorno e dove può rimanere, senza limite di tempo, finché vuole, restando libera di andare via in ogni momento. «C’è stato un buon gioco di squadra che ha consentito di raggiungere questo primo obiettivo – dice soddisfatta ma prudente l’assessora – Quella di Agnes è una storia che è stata disseminata di cose brutte avvenute pure in Italia e non solo a Siracusa dove per esempio – ricorda Furnari – dei ragazzi le hanno tirato addosso delle uova. Adesso ha avviato un percorso che è l’inizio di una nuova vita e che potrebbe anche portarla a decidere di tornare a casa nel suo Paese d’origine dove ha lasciato una figlia».

Marta Silvestre

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