«Due ville due misure. Se da un lato festeggiamo il recupero e la valorizzazione di villa Reimann (costruita nel 1881 in via Necropoli Grotticelle, nel parco archeologico della Neapolis, ndr), dall’altro una villa altrettanto storica sta per essere irrimediabilmente abbattuta». È l’allarme lanciato dagli attivisti del coordinamento Sos Siracusa per villa Abela. «Un pezzo di storia di Siracusa che verrà raso al suolo e scomparirà per far spazio alla realizzazione di quattro immobili di quattro piani ciascuno», lamentano gli ambientalisti che hanno a cuore la struttura liberty di proprietà di un privato che si trova al civico 7 di via Campania, nell’area della Latomia dei Cappuccini, circondata da un grande giardino che si affaccia sul mare a due passi dal monumento ai caduti. Proprio ieri l’amministrazione del sindaco Francesco Italia ha chiesto al dirigente competente di valutare lo stop del procedimento, e il ritiro dei permessi che il Comune aveva precedentemente rilasciato. Eppure, come riporta SiracusaNews, stamattina le ruspe sono entrate in azione per le attività preliminari del cantiere.
Una storia lunga e controversa che inizia con la
richiesta di demolizione presentata dai proprietari sei anni fa e proseguita con l’avvio, da parte della Soprintendenza, della procedura per porre un vincolo di rilevanza storico-culturale sull’immobile e sul giardino, salvo poi fare un passo indietro non riconoscendo alla villa quel valore e concedendo il nulla osta alla prosecuzione dell’intervento urbanistico. Un via libera contro cui alcuni residenti di via Campania presentano ricorso, ma il Tar di Catania dà ragione alla Soprintendenza: per i giudici amministrativi quella villa non ha un interesse culturale.
Infatti secondo l’ente che tutela i beni culturali e ambientali, all’epoca diretto da Rosalba Panvini, le trasformazioni già subite dall’immobile nel corso degli anni non consentono più «la lettura delle caratteristiche architettoniche primigenie». I tratti tipici del periodo Liberty (la villa risale al 1925-26), cioè, sarebbero andati perduti, perché «il manufatto – continua la Soprintendenza – è stato fortemente trasformato da sovrapposizioni edilizie di anni successivi alla sua costruzione». E ancora: «Non sono stati rinvenuti né elementi o caratteristiche di pregnante interesse artistico, né un legame particolarmente importante del manufatto con la storia culturale della collettività, tali da fornire elementi su cui fondare l’attività valutativa in merito al particolare pregio del manufatto». Sulla vicende pende ancora un giudizio del Consiglio di giustizia amministrativa.
Oltre ad alcune associazioni del territorio, l’argomento ha interessato anche il parlamentare regionale del Movimento cinque stelle Stefano Zito che ha presentato, nell’ottobre del 2016, una interrogazione corredata da un dettagliato report contenente materiale storico e fotografico. «Data la concessione edilizia, ormai c’è poco da fare – dice rassegnato Zito che, oltre a essere parlamentare pentastellato, nella vita è anche un
architetto specializzato in restauro – Dalle lunghe e approfondite ricerche storiche che ho fatto, è venuto fuori che c’erano delle imprecisioni nella ricostruzione fatta dalla Soprintendenza che ha negato la tutela. Prima tra tutte – sottolinea – la data della costruzione, fissata erroneamente alla fine degli anni Trenta». Quella che tutti a Siracusa conoscono come villa Abela, in realtà «dovrebbe essere chiamata villa Gafà, dal nome del primo proprietario che per farla costruire comprò il terreno da un certo signor Carpinteri di Canicattini Bagni», afferma Zito. Altra mancanza che il deputato imputa alla Soprintendenza è quella di «non aver utilizzato il metodo comparativo».
Una villa con
oltre 90 anni di storia, «simbolo di uno stile Liberty povero caratteristico della città – spiega Zito – che si distingue per il fatto di non avere molte modanature o stipiti o cornicioni pomposi. Altra caratteristica unica e peculiare della struttura è il torrione, ovvero quella specie di torretta più elevata sulla sinistra dell’edificio». Nella sua analisi Zito ha comparato villa Abela con altri 28 immobili della stessa epoca nel territorio comunale che, invece, «sono tutelati e sui quali è quindi possibile fare manutenzione ordinaria e straordinaria, ma non l’abbattimento. Perché – si chiede – usare due pesi e due misure?».
Intanto, ieri la giunta del Comune siracusano ha disposto degli approfondimenti sul caso, chiedendo al dirigente del settore Territorio di valutare pure una possibile sospensione del permesso a costruire, e all’assessorato regionale ai Beni culturali da cui dipende la Soprintendenza, «di verificare la regolarità delle procedure». L’atto di indirizzo approvato nel pomeriggio di ieri si
basa sul presupposto che «un pronunciamento del Cga favorevole alla salvaguardia della villa
potrebbe arrivare ad abbattimento già avvenuto, dunque quando sarebbe già troppo tardi».
L’intento della giunta è evitare di dover poi fare i conti con decisioni tardive. «Nonostante la mancata apposizione del vincolo architettonico – dichiara l’assessora all’Urbanistica, Giusy Genovesi – non si può negare che l’edificio conserva ancora una sua qualità estetica e stilistica
e che è inserita in un contesto pregevole dal punto di vista paesaggistico oltre che storico e
archeologico. Per tutto questo – conclude – riteniamo che ci possano essere le condizioni per un
pronunciamento del
Cga favorevole ai ricorrenti
e che si possa tentare di rinviare la demolizione fino alla decisione
finale dei giudici
».
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