Sicilia, il clientelismo non paga più

Che succede in Sicilia? Ieri abbiamo ipotizzato la possibilità che il ciclone Leoluca Orlando possa abbattersi sulla Regione. Dove è probabile che il presidente, Raffaele Lombardo, proverà a resistere. Ma senza grandi speranze. Perché, tra qualche settimana, dovrà fare i conti con gli equilibri interni al Pd siciliano, che dovrebbero mutare.

Partendo da Palermo, un dato politico emerge con chiarezza: il clientelismo non paga più. Tutti i partiti che governano o che hanno governato – chi più chi meno – perdono consensi. Lo stesso presidente Lombardo, in questa campagna elettorale (che in parte è ancora aperta, visto che si debbono celebrare i ballottaggi) ha giocato le classiche carte del clientelismo. E gli è andata male. Anzi, malissimo.

D’accordo con un’Assemblea regionale siciliana di ‘Anime morte’, nell’ultima tornata legislativa ha annunciato una ‘stabilizzazione’ per i 22 mila e 500 precari dei Comuni siciliani senza capo né coda. La norma, ovviamente, è stata impugnata. Ma al presidente della Regione interessava lanciare un ‘messaggio’: io sono qua, pronto quando le condizioni me lo consentiranno, a ‘stabilizzare’ i precari…

Prima aveva provato la stessa strada con i precari ‘storici’ della Regione. E più volte, sempre durante la campagna elettorale, è intervenuto sulla Gesip, la società del Comune di Palermo dove operano oltre 1800 precari. Gente per la quale, a luglio, ricomincerà il calvario, visto che il finanziamento di 10 milioni, arrivato da Roma, basterà fino al 30 giugno.

Lo stesso Lombardo, nei giorni precedenti il voto, con varie interviste, ha sollevato una polemica con Roma che, a suo dire, vorrebbe che la Regione licenziasse 50 mila persone. Dicendo a chiare lettere che lui non ci sta.

Quella sui precari è soltanto una delle tante strategie clientelari del governo regionale. Anche su altri versanti, il presidente – sempre d’accordo con l’Ars – ha provato a gestire il denaro pubblico secondo le antiche regole del clientelismo siciliano. Pur con i dovuti ‘correttivi’ imposti dal momento.

Un esempio è rappresentato dalla formazione professionale. Dove Lombardo, in sintonia con l’assessore al ramo, Mario Centorrino, e con il dirigente generale, Ludovico Albert, ha concentrato tutti gli sforzi sull’Avviso 20. Ovvero 286 milioni di euro di fondi europei divisi secondo le vecchie regole del consociativismo riveduto e corretto. Partiti e sindacati coinvolti in quello che, in fondo, è solo un grande affare. Con una netta prevalenza di Pd e Mpa, ai quali vanno i ‘bocconi’ più grossi.

Qui Lombardo ha dovuto operare una scelta: ha tagliato fuori molti Enti formativi storici per garantire partiti e sindacati. Ha fatto – così il presidente almeno crede – una manovra ‘bilanciata’ sotto il profilo delle clientele: i novemila lavoratori degli Enti storici che sono rimasti fuori (voti persi) avrebbero dovuto essere ‘bilanciati’ dai nuovi in arrivo (gli enti finanziati).

L’operazione, in questo caso, sta subendo ritardi. Perché Lombardo non immaginava di trovare tutti questi problemi con il bilancio della Regione (che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione solo ieri, senza le parti impugnate, passaggio che dovrebbe comunque consentire di inviare ‘Avviso 20 alla Corte dei Conti). Su questo punto torneremo più tardi con un altro articolo, segnalando l’errore di ‘sintassi clientelare’ commesso da Lombardo.

A ruota seguono poi tutte le attività di governo impostate su un ritorno clientelare del consenso. L’uso della sanità pubblica a fini elettorali (nei giorni precedenti il voto le polemiche sulle candidature di medici e, in generale, del personale sanitario si sono sprecate). Consulenti a man bassa. Gestione clientelare dell’acqua (in Sicilia non si registra ancora nessun ritorno alla gestione pubblica). Idem con i rifiuti e via continuando.

Insomma, là dove è stato possibile tutti gli strumenti del clientelismo classico sono stati messi in moto dall’attuale governo regionale. Ma gli elettori, questa volta, non hanno risposto. Perché? I siciliani cominciano a capire che il clientelismo è cosa sbagliata? Sarebbe una tesi ottimistica, ma un po’ improbabile. Molto più verosimile una seconda tesi: e cioè che i siciliani hanno capito che i ‘forzieri’ pubblici, in Sicilia, sono stati del tutto ‘svuotati’, dalla Regione ai Comuni.

Insomma, non ci sono più soldi pubblici. Sarà l’atmosfera introdotta dal Governo Monti, che tra manovra, Imu e altre tasse annuncia tempi bui. Saranno le continue impugnative operate in Sicilia dal commissario dello Stato (clamorosa la doppia impugnativa della legge di bilancio: cosa mai avvenuta in oltre sessant’anni di storia dell’Autonomia siciliana). Fatto sta che la gente, in Sicilia, comincia a pensare che la politica delle elargizioni di clientele e prebende non sia più di moda per mancanza di soldi.

C’è di più. Ormai i siciliani hanno imparato a far di conto anche sui ‘grandi numeri’. Hanno capito, per esempio, che da Roma non arriveranno più soldi per i precari. Ciò significa che per pagare il precariato – che nella nostra Isola è ancora molto diffuso, visto che lo stesso presidente della Regione ha quantificato questo personale in 50 mila unità – la politica dovrà togliere soldi alle famiglie e alle imprese siciliane.

Con un’ulteriore precisazione. Fino a ieri, per pagare il precariato, si utilizzavano i fondi per gli investimenti che non venivano effettuati. E questo, al limite, poteva dispiacere a una frazione minima di popolazione siciliana, la più informata e la meno disposta a far prevalere comunque e in ogni dunque il ‘particulare’ di guicciardianiana memoria. Adesso per pagare il precriato la politica siciliana deve mettere le mani in tasca ai siciliani che già non arrivano alla fine del mese. Magari con nuove tasse e nuove imposte comunali. Come si sta facendo a Palermo. E la cosa, ovviamente, non piace alle famiglie.

Questo passaggio non è stato compreso dal presidente Lombardo, che a qualche giorno dal voto ammiccava ai 50 mila precari. Non comprendendo che stava commettendo due errori. Primo errore: non ha capito che i primi a non credere più alle sue promesse sono proprio i precari siciliani. Secondo errore: tutti gli altri siciliani, nel sentirlo parlare, hanno pensato: “Questo Lombardo vorrebbe continuare a pagare i precari, magari ‘stabilizzandoli’, con i nostri soldi…”.

Da qui il disastro elettorale dei partiti di governo. Ed è proprio da questo cambiamento – la consapevolezza, ormai generale, che non ci sono più risorse pubbliche, alla Regione e nei Comuni – che potrebbe partire una sorta di ‘rivoluzione’ in grado di cambiare completamente gli equilibri politici siciliani.

 

 

Giulio Ambrosetti

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