SerT, più dipendenze ma meno operatori «Senza concorsi tra poco tutti in pensione»

Un ragazzo, diventato ormai padre, cammina verso il centro servizi con un bimbo in braccio. Davanti la porta saluta i dottori: «È anche grazie a voi, se alla fine ne sono uscito». È soltanto una delle tante storie a lieto fine che raccolgono i SerT, i servizi pubblici per il recupero delle tossicodipendenze, distribuiti sul territorio siciliano. Sono 52, circa uno per ogni distretto sanitario e accolgono ogni anno oltre 11mila utenti da tutta l’Isola. 

Alcol, crack, eroina, cocaina: i SerT si occupano di pazienti con diverse problematiche. Dalla loro istituzione, nel 1991, chi vi lavora si è dovuto aggiornare e adattare in fretta per affrontare con professionalità le nuove dipendenze: dalle ludopatie diffuse a quelle comportamentali, affettive, sessuali, fino ad arrivare a quelle derivanti da shopping compulsivo. I SerT si rivolgono ai soggetti che fanno abuso di sostanze stupefacenti e alle loro famiglie: è qui che è possibile effettuare terapie di disassuefazione, trattamenti con farmaci sostitutivi (metadone) o antagonisti (naltrexone) delle sostanze stupefacenti. 

Il SerT, inoltre, offre interventi psicologici, psicoterapici, pedagogici e sociali per problemi connessi alle dipendenze e interviene con consulenze specialistiche negli istituti di prevenzione e pena. «Il problema – racconta lo psicoterapeuta Giuseppe Fusari – sono le risorse umane. Io non lavoro in un SerT, ma i colleghi che conosco sono sempre gli stessi, solo che fanno sempre più cose. Sono più di vent’anni che non si fanno assunzioni, è capitato persino che alcuni servizi non potessero erogare la terapia sostitutiva perché non avevano l’infermiere professionale».

Una realtà distante anni luce rispetto a quella descritta da Stefania, psicologa siciliana che sta svolgendo un tirocinio in Emilia Romagna, nel centro diurno del SerT di Cesena. «Qui le realtà di auto-mutuo soccorso sono molto attive – racconta -. I giocatori anonimi sono ospitati nei locali del centro, dove seguono percorsi differenziati rispetto ai tossicodipendenti, seppure poi, incontrandosi, i pazienti trovino tra loro diverse assonanze. Una cosa che mi colpisce molto – continua – è la sinergia tra amministrazioni, aziende sanitarie e tessuto sociale. Per esempio, ci sono commercianti che si schierano apertamente contro le slot o contro i gratta e vinci, rifiutandosi di offrire occasioni di gioco da dipendenza nei loro negozi». 

La prima realtà in Sicilia che si occupa specificamente di disturbi legati al gioco d’azzardo patologico (Gap) si trova a Palermo: «È un ambulatorio – spiega Tommaso Di Marco, responsabile del servizio tossicodipendenze dell’Asp di Palermo – che opera a un secondo livello, con un centro telematico dedicato che si occupa anche di terapia per adolescenti e famiglie. In futuro immaginiamo già tanti piccoli ambulatori, che si occupino di patologie specifiche». Di cose da fare ce ne sono tante. «Le idee non mancano – sottolinea Guido Faillace, responsabile regionale dei SerT – ma senza risorse umane è difficile concretizzarle. Le ludopatie vanno affrontate separatamente, perché, per esempio, il paziente dipendente dal gioco d’azzardo tende a non riconoscersi come tossicodipendente. E questo, nonostante gli studi dimostrino chiaramente che i neurotrasmettitori si comportano nello stesso modo sia in chi è dipendente dal gioco che in chi assume eroina». 

Obiettivi difficili da raggiungere, però, se mancheranno gli esperti. «Senza nuovi concorsi nella sanità, tra cinque o sei anni gli operatori saranno pressoché tutti in pensione – conclude Di Marco -. Lavoriamo nei SerT dal ’91 e rispetto ad allora abbiamo la metà del personale, senza contare che 25 anni fa seguivamo circa tremila utenti, mentre oggi rispondiamo alle richieste di oltre 11mila persone».

Miriam Di Peri

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