Nell’arco di una settimana il Palermo ottiene lo stesso risultato. Ma c’è un abisso tra lo 0-0 di domenica scorsa contro l’Empoli al Barbera e quello maturato oggi a Cesena nella settima giornata del girone di ritorno. Contro i toscani, il pari a reti bianche era stato sinonimo di spettacolo e divertimento. Al Manuzzi lo stesso punteggio ha fatto rima, invece, con noia e sbadigli, specchio fedele di una partita priva di sussulti e di emozioni. Il Palermo, proiettato verso un sogno chiamato Europa dopo avere messo in cassaforte l’obiettivo salvezza, doveva fornire delle risposte confortanti in trasferta e invece i rosa, osservati in tribuna dal presidente del Senato, Pietro Grasso (grande tifoso rosanero), hanno steccato in parte il loro appuntamento. Nel senso che era lecito aspettarsi qualcosa di più da una squadra intenzionata a dare una svolta al ruolino esterno e che, oltretutto, in questa stagione ha quasi sempre fornito il profilo migliore di sé sfoderando prestazioni convincenti.
Il risultato di oggi è solo un brodino ottenuto all’ora di pranzo sul campo della penultima in classifica. Nell’economia del match ha prevalso la paura di perdere delle due squadre ma, obiettivamente, questa zavorra mentale non avrebbe dovuto condizionare la prova dei rosanero, ormai in possesso dei requisiti che servono per scendere in campo con la mente libera e senza fare troppi calcoli. E invece è stato un Palermo al di sotto del suo standard. Gli ospiti hanno fatto la partita ma non è bastato perché lo sterile possesso palla non ha trovato sbocchi e la squadra ha faticato ad innescare dalle retrovie i giocatori di maggiore talento sul fronte offensivo, sbagliando molto spesso anche i tempi nella gestione del possesso palla. La cornice di questa partita è stata anomala perché gli uomini di Iachini non sono abituati a giocare sul sintetico ma questo aspetto non deve rappresentare un alibi. La squadra oggi era spenta e, tenendo il piede staccato dall’acceleratore, ha viaggiato a un andamento troppo lento al cospetto di un Cesena dignitoso ma qualitativamente inferiore. Lo zero a zero di conseguenza può essere considerato un risultato deludente ma, anche in questo contesto, non mancano gli aspetti attraverso i quali vedere il bicchiere mezzo pieno. Il Palermo, ad esempio, per la seconda volta consecutiva è riuscito a mantenere la porta inviolata e ha interrotto la serie di sconfitte in trasferta contro una squadra che, dopo avere fermato Lazio e Juventus, sta alimentando in casa le proprie speranze di salvezza. Ci sono, dunque, anche dei motivi per analizzare il verdetto del campo da una prospettiva positiva. Ma, sul fronte rosanero, i sorrisi in questo caso vengono oscurati dalla consapevolezza che, in una gara ampiamente alla sua portata, la formazione di Iachini ha fatto troppo poco per portare a casa l’intera posta in palio.
Costretto a fare la conta degli indisponibili nel reparto arretrato, il tecnico ha optato per la linea a quattro difensiva nell’ambito del modulo ad albero di Natale (4-3-2-1), formula applicata per la prima volta lontano dalle mura amiche in questo campionato. Sulla corsia di destra, priva dello squalificato Rispoli e dell’infortunato Morganella (ai box fino al termine della stagione), spazio a Vitiello, inquadrato oggi come esterno basso nella difesa a quattro. Non cambia la struttura del centrocampo: in cabina di regia viene confermato Jajalo al posto di Maresca (entrato poi nel secondo tempo). Il croato funge da perno centrale, supportato da Rigoni e Barreto, regolarmente in campo con i gradi di capitano nonostante il malcontento di molti tifosi che chiedono in coro un altro titolare della fascia alla luce degli ultimi sviluppi legati al mancato rinnovo del contratto. Sul fronte offensivo, nuova chance per Quaison che agisce sulla trequarti con Vazquez a supporto di Dybala. E come da copione sono i due argentini la principale fonte di pericolo per gli avversari: nel primo tempo le incursioni tra le linee del Mudo (al quale i marcatori avversari hanno riservato a volte un trattamento piuttosto ruvido) e gli spunti in velocità della Joya (oggi poco ispirato) hanno messo in apprensione la retroguardia bianconera consapevole di non potersi concedere alcuna distrazione per allontanare ogni tipo di minaccia. Antenne dritte, in ogni caso, anche per la difesa rosanero che, nel primo quarto d’ora, è stata salvata in due circostanze da Vitiello (uno dei tanti ex di turno) con due provvidenziali interventi in chiusura. Sul muro alzato dal jolly campano ha sbattuto all’ottavo minuto Defrel, attaccante monitorato con attenzione dal club di viale del Fante e individuato dagli addetti ai lavori rosanero come uno dei potenziali sostituti di Dybala in ottica futura. E il funambolo bianconero ha confermato le sue qualità innalzando assieme a Brienza la cifra tecnica di una squadra che fa della compattezza del collettivo il principale punto di forza. Le verticalizzazioni di Defrel e la sua capacità di attaccare gli spazi hanno dato del filo da torcere agli ospiti variando, a tratti, la trama di un match in cui sono stati gli uomini di Iachini a mantenere prevalentemente il pallino del gioco in mano.
Per dare un impulso alla manovra e tentare di impensierire seriamente l’avversario è necessario, tuttavia, alzare il ritmo. Un concetto valido per entrambe le squadre che, anche nella ripresa, hanno faticato a trovare la chiave necessaria per aprire le difese e scardinare il lucchetto di una partita bloccata. Leggendo lo sviluppo della gara, gli allenatori avrebbero potuto incidere con le loro intuizioni. Le mosse di Iachini (che al 23esimo ha tentato la carta Belotti al posto di Quaison ridisegnando lo scacchiere con il 4-3-1-2) e di Di Carlo (intenzionato a dare maggiore fisicità all’attacco con l’inserimento di Rodriguez al posto di Defrel) non hanno sortito però gli effetti sperati e non hanno cambiato l’inerzia di una partita incanalata senza squilli di tromba verso lo 0-0.
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