Modem è l’acronimo di «movimento democratico». Come a dire che tutto ciò che proviene dal merito e dal talento dei giovani è democrazia, anche nella danza. Un collettivo di danzatori, italiani e non, al servizio di tre coreografi: la francese Maud De La Purification, lo slovacco Milan Tomasik, e Roberto Zappalà, padre della compagnia che da lui prende il nome e che ha la sua casa da Scenario pubblico, in via Teatro Massimo. Siamo è il titolo della prima performance. Quasi a dire che siamo e basta, per cui nulla a ciò è possibile aggiungere: né quel che abbiamo, né quanto desideriamo. Quattro danzatori di Modem pro attendono la platea già in scena, seduti per terra, come una rosa chiusa. Che al sorgere del sole si apre e genera la sua creazione.
Si rincorrono, si toccano, si arrampicano l’uno sull’altra. Sorridono, quasi sempre. Infine, si colorano. E lasciano che anche gli spettatori lo facciano. L’obiettivo? Annullare la distanza tra osservatori e osservati o, meglio, tra giudici e giudicati. Danzare per essere felici. In scena una vera e propria giocodanza, con tanto di acchiapparello e dispetti. E in sottofondo la voce di un neonato, il massimo della spontaneità. Un po’ eccessiva la durata, a tratti sembra che venga meno la stessa danza. Ma forse lo scopo era proprio questo, confondere l’arte con la leggerezza, fino a fare scomparire ogni traccia della professione.
Lo spettacolo torna presto prepotentemente protagonista, con Intrecciato, seconda performance. Sulle note di Haydn si crea un’atmosfera romantica e non avrebbe stupito se ad un certo punto lo stile contemporaneo avesse ceduto il passo ad un valzer. O a costumi di scena d’epoca. Anche in questo caso quattro i ballerini che calcano il palco, esibendo una musicalità straordinaria, fatta di tensioni e rilassamenti, sempre fedeli ai violini. Infine la reunion: 74 bpm mette insieme tutti i i danzatori di Modem cdz. E il tocco di papà Zappalà non tarda a farsi notare: tecnica, forza e bellezza esplodono al ritmo di percussioni pensate da Salvo Farruggio e dai Lautari. La fusione riesce: tamburi che danzano o corpi che suonano? L’applauso del pubblico è interminabile. È l’unico modo per dire grazie.
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