Scenario pubblico, gli uomini-vulcano della Sciara Il risveglio dell’Etna e i migranti a passo di danza

C’è un terreno arido e sterile in ognuno di noi, una parte così autentica da manifestarsi solo in maniera ancestrale. È la Sciara, che ha dato nome allo spettacolo di danza di ieri a Scenario pubblico, della compagnia siciliana Petranuradanza. Alias pietra nuda, vale a dire essenza, sostanza, radici. A Catania, inevitabilmente: vulcano. Ma c’è spazio anche per la disperazione di chi arriva su un barcone.

Il palco internazionale di via Teatro Massimo lascia la scena stavolta a una compagnia conterranea. Un gemellaggio, che fonde sul palco il legame con le proprie origini e la tematica dell’immigrazione. Quest’ultima affrontata in modo esplicito, attraverso un breve monologo sugli sbarchi nel Mar Mediterraneo. «Topi. Puzzano più da vivi che da morti», canta un danzatore con indosso una maschera demoniaca. Chiaro riferimento al disinteresse sui naufragi. Argomento centrale, secondo tempo di un’apertura vetusta e geologica portata in scena da tre danzatori-vulcano

Un’immagine scolpita sul palco: a livello superiore attraverso il petto nudo che prefigura la lava esterna e visibile di un’eruzione; a livello inferiore con una gonna lunga il cui tessuto invade il pavimento, disegnando la parte montuosa del vulcano. Sembra l’Etna in danza, dato che ad essa la compagnia si ispira dalla nascita. Una coreografia animata e simbolica, che in certi momenti sembra far leva più sulle suggestioni suscitate dalle percussioni suonate magistralmente dal vivo, dal gioco delle luci o dalle stesse tematiche trattate. Su un palco dove solitamente solo la danza fa da padrona. La pièce anticipa gli appuntamenti del Fic Fest, focolaio di infezione creativa, che si svolgerà tra il 18 e il 25 maggio, tra workshop, installazioni e incontri con gli artisti.

Antonia Maria Arrabito

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