IN UN PREGEVOLE VOLUME IL GRANDE GIURISTA SI INTERROGA SUL PASSATO, SUL PRESENTE E SUL FUTURO DEL NOSTRO PAESE
“L’Italia: una società senza Stato?”, è la domanda alla quale Sabino Cassese, illustre giurista e giudice costituzionale, risponde con un agile ma denso volumetto di un centinaio di pagine pubblicato per i tipi de Il Mulino.
Per Cassese, la storia del nostro Paese, dall’unità ad oggi, è stata segnata non solo dalla mancanza di una nazione ma, se non dall’assenza, anche dall’estrema debolezza dello Stato. Debolezza frutto avvelenato del modo in cui lo Stato unitario si è costruito, delle scelte che fin dall’inizio si sono fatte, dall’incapacità di governare gruppi di interesse e localismi che l’hanno fatta da padrona.
Cassese si sofferma sui difetti due strumenti costituzionali che hanno costituito la carta fondamentale dello Stato unitario. Lo Statuto albertino, costituzione ottriata e flessibile, che poco si occupava dello stesso Stato e molto si occupava della salvaguardia delle prerogative regie; la Costituzione del ’48, che fu solo un manifesto inattuato e, in qualche parte, inattuabile le cui disposizioni dovettero confrontarsi con le esigenze di Realpolitik.
Cassese si diffonde anche sulla struttura amministrativa e burocratica e su quello che viene giustamente definito “continuismo” nel senso che al cambiar dei regimi non corrisponde un mutamento radicale della struttura amministrativa e, soprattutto, del personale servente. Uno Stato carente di capitale sociale, e dunque debole e tutto da costruire, che ha consentito esecutivi poco duraturi e poco autorevoli, una proliferazione di norme derogatorie, mortificazione del merito e mancanza di imparzialità, istituzioni incapaci di creare fiducia nello Stato come ente rappresentativo della stessa collettività.
Foto di prima pagina tratta da ilpost.it
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