San Nicolò l’Arena, il sacrario perde pezzi «Memoria e arte lasciate nel degrado»

In fondo alla chiesa di San Nicolò l’Arena c’è un luogo della memoria abbandonato. E’ il sacrario delle vittime di guerra, danneggiato a causa delle infilitrazioni d’acqua e della mancanza di manutenzione per tanti anni. Pareti gonfie di umidità, lapidi a rischio scollamento e affreschi ormai quasi irriconoscibili sono le caratteristiche delle tre sale che ospitano i caduti nelle due guerre mondiali. Mentre una lastra di marmo si è staccata nei giorni scorsi. La denuncia arriva da Salvatore Caruso, dell’associazione Guardia d’onore ai sacrari di guerra, nata con lo specifico compito di salvaguardare questi luoghi nelle varie città italiane. «Me ne occupo dal 2010 – spiega -, quando sono entrato per la prima volta ho trovato una situazione di degrado e abbandono, l’area era anche completamente al buio e a mie spese ho ripristinato l’impianto elettrico».

La chiesa di San Nicolò, attigua al monastero dei Benedettini di piazza Dante, è stata interessata negli ultimi anni da lavori di messa in sicurezza, a seguito dei danni per il terremoto del 1990. Ma il sacrario, che si trova in fondo sulla sinistra, subito dopo la sacrestia, non è stato oggetto di restauro. La struttura, compresa l’area dove riposano i caduti di guerra, è sotto la gestione del Comune. «In altre città italiane è il ministero della Difesa ad occuparsi di questi luoghi, ma nel nostro caso manca un ingresso autonomo e indipendente, fattore che non fa scattare il riconoscimento ufficiale», precisa Caruso. Di conseguenza la manutenzione spetterebbe al Comune. «Abbiamo inviato lettere all’amministrazione e alla Sovrintendenza, ci hanno risposto che avrebbero provato a fare qualcosa ma che non ci sono fondi. Così perderemo un luogo della memoria, ci sono ancora molti parenti delle vittime della seconda guerra mondiale che vengono a trovare i loro cari», continua Caruso.

Il sacrario ha anche un valore artistico. La stanza rettagolare da cui si accede alle altre  dove sono custodite le tombe, era la sala capitolare dove i monaci benedettini si riunivano prima di entrare nella chiesa per le funzioni. «Sulle pareti ci sono alcuni affreschi pesantemente danneggiati e un grande quadro di Carmelo Abate», sottolinea Caruso. Lui, ingegnere alla St, ha preso a cuore la situazione e da ormai quattro anni, quasi ogni sabato, visita il sacrario. Nel 2010, a fronte della mancanza di risposte delle istituzioni, ha deciso da solo di sistemare l’impianto elettrico. «La Chiesa, nonostante i lavori, era aperta per i turisti, quindi mi sono dato da fare. E’ un peccato – conclude – anche perché il Comune sostiene un costo non indifferente per la gestione della struttura, pagando i custodi e il rettore che ha risiede in un appartamento nel monastero».

Salvo Catalano

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