San Cristoforo, busta minatoria a redazione I Siciliani «Parlare di beni confiscati alla mafia ha infastidito»

«Stanotte ho
dormito sereno». Lo ripete Giovanni Caruso, caporedattore de I Siciliani giovani, mentre commenta quanto accaduto lo scorso 19 luglio, ma reso noto soltanto oggi con un comunicato del direttore della rivista, Riccardo Orioles. Una busta con delle minacce di morte è stata ritrovata, nel primo pomeriggio, da una collaboratrice del giornale e volontaria del Gapa – il centro sociale che ospita la redazione – sotto la porta d’ingresso della sede, nel cuore del quartiere San Cristoforo di Catania. Proprio nel giorno in cui in tutta Italia si tenevano le celebrazioni per i venticinque anni dalla strage di via D’Amelio, dove persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. 

«Questa potrebbe non essere stata solo una coincidenza, l’eventuale nesso non sarebbe da sottovalutare – spiega Caruso a Meridionews – la polizia sta vagliando ogni pista e, per indagare al meglio, ci ha chiesto di pazientare un giorno prima di rendere pubblico il fatto». Nessun testimone né sul posto ci sono telecamere di videosorveglianza che possano tornare utili.

L’intimidazione era
rivolta espressamente al caporedattore, secondo quanto spiegano dal giornale. Da una foto che compare nella copia contenuta nella busta minatoria, scatto che ritrae i componenti della redazione durante una manifestazione antimafia, era stata ritagliata la testa di Caruso. «Ma non è la prima volta che ci troviamo davanti a cose così, nel 1997 venni pure aggredito», ricorda il protagonista dell’episodio, secondo cui l’ipotesi che le minacce siano legate alle dinamiche del quartiere dove, in via Cordai, trova dimora il Gapa, potrebbe trovare fondamento. 

La causa scatenante potrebbe risalire allo scorso 14 luglio. Cioè il giorno della presentazione dell’ultimo numero de I Siciliani giovani, ospitata nella piazzetta recuperata dagli attivisti dell’associazione Gammazita, a un passo dal castello Ursino. Nel corso del suo intervento, Caruso aveva calcato la mano sul tema dei beni confiscati alla mafia: «Ho raccontato come le copie del nostro giornale abbiano viaggiato per tutta Italia a bordo dei tir della Geotrans, il colosso del trasporto su gomma confiscato alla famiglia Ercolano. Sentire che i camion del boss adesso li usiamo noi avrà dato fastidio». 

Dal discorso era venuto fuori anche
un annuncio. Il Giardino di Scidà, nel quartiere Borgo, aprirà le sue porte a breve, intitolato alla memoria del magistrato antimafia catanese. L’immobile di via Randazzo confiscato alla crimanlità organizzata, infatti, è quasi pronto per essere inaugurato nella sua nuova veste di «casa delle associazioni», aggiunge il caporedattore. L’associazione I Siciliani giovani si era aggiudicata la gestione dello stabile in seguito alla partecipazione a un bando indetto lo scorso novembre. «Si tratta del primo bene confiscato che viene affidato dopo il varo del regolamento comunale in materia – conclude Caruso – Anche questo è un segnale che in certi ambienti non può essere ignorato».

Francesco Vasta

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