Sospeso il decreto di decadenza dell’autorizzazione unica emesso a settembre dalla Regione Siciliana nei confronti della Sun Power Sicilia. A pronunciarsi in tal senso è stato il Tar di Catania, che ha fissato a dicembre 2022 la trattazione nel merito del ricorso. L’impresa, che attualmente è totalmente controllata dalla Baywa R.E. Italia srl, a sua volta legata alla holding tedesca delle rinnovabili Baywa, è finita al centro delle cronache l’anno scorso per l’indiretto coinvolgimento nell’inchiesta su Vito Nicastri e Paolo Arata, e il ruolo avuto dal milanese Antonello Barbieri, per un lungo periodo titolare della Sun Power Sicilia.
La società – la cui ultima sede legale è stata registrata a Rovereto, in Trentino – negli anni scorsi ha ottenuto i permessi per realizzare un grande impianto fotovoltaico al confine tra Melilli e Carlentini, nel Siracusano. In un primo tempo il progetto riguardava un impianto termodinamico, ma poi l’idea è stata accantonata. In concreto c’è però che fino al 9 agosto scorso, giorno in cui i tecnici della Regione hanno effettuato un sopralluogo nell’area in cui dovrebbe sorgere l’impianto, nessun pannello era stato installato. E questo nonostante dieci mesi prima la stessa società avesse dichiarato imminente l’inizio dei lavori.
La mancata realizzazione dell’opera è però soltanto uno dei motivi che ha portato il dipartimento all’Energia a decretare decaduta l’autorizzazione. A esso si aggiunge la mancata comunicazione delle molteplici modifiche negli assetti societari, a dispetto di quanto previsto dal protocollo di integrità sottoscritto tra le parti. È qui che entra in gioco l’inchiesta su Nicastri e Arata, e gli sviluppi investigativi che ne sono seguiti, compreso il coinvolgimento di Barbieri. Il 48enne milanese è stato l’ultimo a gestire la Sun Power Sicilia prima dell’ingresso di BayWa R.E. Italia, ma soprattutto è colui che, nel 2013, comprò la società dal tribunale di Trapani che, due anni prima, ne aveva affidato l’amministrazione a Nicola Ribolla. Il commercialista palermitano che ha gestito le società sequestrate quasi un decennio fa a Vito Nicastri.
Il motivo è presto detto: l’ex re dell’eolico, l’anno scorso condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa e che nell’inchiesta sulla corruzione nelle rinnovabili ha patteggiato una pena a due anni e dieci mesi, fu il fondatore di Sun Power Sicilia. O meglio, di Sicilia e Sole. Questo, infatti, il nome che Nicastri scelse nel 2007 all’atto di costituzione in uno studio notarile di Alcamo. A scegliere di cambiare la denominazione fu poi proprio Ribolla, il giorno stesso in cui il tribunale subentrò nell’amministrazione della società. Leggendo a ritroso la storia della società si può dire che l’affetto di Nicastri verso la Sun Power Sicilia non si è mai interrotto. Nel 2018, l’imprenditore siciliano avrebbe tentato di rientrare in possesso della società sottraendola a Barbieri, e con l’aiuto di Arata, l’ex consulente della Lega. L’obiettivo però sfumò anche a causa di un errore marchiano.
Tornando all’attualità, la sospensiva del Tar rimette in mano alla società la possibilità di andare avanti nell’iter di realizzazione dell’impianto fotovoltaico. Uno scenario contro cui la Regione Siciliana ha già deciso di opporsi, presentando ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa nel quale, tra i tanti rilievi, si ricorda che «i contratti stipulati dalla società in relazione ai suoli sono tutti di natura obbligatoria», cioè preliminari di costituzione di diritto di superficie che non consentirebbero la possibilità di «avviare opere di costruzione».
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