Cronaca

Le proposte del centro antiviolenza Thamaia per i candidati sindaco di Catania. «Città progettata da uomini per uomini»

«La Sicilia è la prima regione per numero di femminicidi e Catania è la prima provincia dell’Isola (con sette casi in circa un anno e mezzo) eppure nei programmi dei candidati sindaco non c’è traccia del tema della violenza maschile sulle donne». Solo un cenno in quello dell’aspirante cittadino che rappresenta il fronte progressista, Maurizio Caserta. Per questo, dal centro antiviolenza catanese Thamaia hanno deciso di collaborare alla creazione di un’agenda politica per la prossima legislatura. «È importante prendere parola in questo momento di elezioni – dice la presidente Anna Agosta, che è anche consigliera del direttivo nazionale di Donne in rete contro la violenza (Dire) – per sollecitare riflessioni e confronto in merito alla violenza maschile sulle donne. Non ci spieghiamo ancora perché non trovi spazio nelle agende politiche tanto a destra quanto a sinistra». Da 22 anni, Thamaia opera sul territorio di Catania e provincia con un approccio sistemico e strutturale «con l’obiettivo di favorire il cambiamento della cultura patriarcale che alimenta le discriminazioni e le violenze che le donne subiscono». Più di un ventennio in cui al centro antiviolenza dal Comune di Catania non è arrivato nemmeno un euro. Nonostante l’ente sia pure componente della Rete antiviolenza della Città metropolitana di Catania.

Ecco perché, in piena campagna elettorale, le attiviste hanno deciso di elencare sei punti fondamentali che dovrebbero rientrare nell’agenda politica del futuro sindaco del capoluogo etneo, chiunque esso sia. Azioni pratiche che vadano oltre la retorica delle celebrazioni deIl’8 marzo e del 25 novembre e le dichiarazioni di sgomento che seguono fatti di cronaca nera. «Innanzitutto, una copertura economica stabile delle attività del centro antiviolenza e delle case rifugio – sottolinea Agosta – perché senza fondi non si può progettare e, quindi, nemmeno agire». Una parte delle azioni di contrasto e prevenzione potrebbe essere inserita anche «nella programmazione dei fondi Pon Metro anche per la piena realizzazione di politiche che favoriscano le pari opportunità». Tra le proposte da segnare in agenda per i futuri amministratori della città, c’è anche la «realizzazione di un sistema integrato per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne nei Piani di Zona». Per farlo in modo serio e concreto, servirebbe un processo partecipato in cui «dovrebbero essere ascoltate le associazioni presenti sul territorio perché – spiega la presidente di Thamaia – la nostra esperienza arriva direttamente dall’ascolto delle donne vittime». Sarebbe questo un modo per riconoscere e valorizzare le competenze specifiche delle associazioni che gestiscono i centri antiviolenza. «Altra importante richiesta che abbiamo voluto rivolgere a tutti i candidati – continua Agosta – è che venga attuato un osservatorio e un monitoraggio costante sui servizi specializzati del territorio». Un compito che, per legge, spetta ai Comuni.

Accoglienza gratuita, consulenze legali e lavorative, supporto psicoterapico e alla genitorialità. Tutto nel pieno rispetto della riservatezza e della tutela dell’anonimato delle donne che si rivolgono al centro antiviolenza. In questi vent’anni, Thamaia ha accolto 5500 donne, in media 250 ogni anno. «Il problema è non avere stabilità: seppure il nostro è un lavoro strutturato e sistemico, senza fondi stabili resta precario», sottolinea Agosta. Una situazione di precariato che permette al centro antiviolenza di essere aperto – anche con il centralino attivo – solo per 16 ore a settimana. «A rispondere è sempre un’operatrice altamente formata che è in grado di fare una iniziale valutazione del rischio e di dare tutte le prime informazioni necessarie. Il problema è che poi non si possono dovere aspettare tempi lunghi per un incontro – aggiunge la presidente- anche perché delle donne che arrivano qui, poi già solo il 30 per cento circa arriva a formulare una denuncia. La nostra impressione – conclude – è che viviamo in città progettate da uomini per gli uomini. Per questo speriamo di ricevere risposte concrete dai candidati a cui ci siamo rivolte». Anche loro tutti uomini.

Marta Silvestre

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