Renzi a Catania, il video integrale degli scontri E le risposte ai tre nodi principali sulla protesta

Da ieri, a Catania, non si fa altro che parlare degli scontri che hanno chiuso il corteo contro la presenza in città del presidente del Consiglio Matteo Renzi alla villa Bellini. Tra chi non c’era e ha solo visto i video diffusi online. Chi c’era ma era troppo indietro per capire. E chi c’era, era davanti, ma racconta una storia diversa da chi gli stava accanto. Essenzialmente sembrano essere tre i nodi delle domande dei cittadini: hanno cominciato prima i manifestanti o la polizia? La bomba carta è esplosa prima o dopo la carica? Chi erano questi «infiltrati che hanno rovinato un corteo pacifico»? Tre domande a cui, basandoci sulla pura cronaca, è comunque possibile rispondere. Anche se a tratti con difficoltà.

Hanno cominciato prima i manifestanti o la polizia? I video parlano chiaro. A poche centinaia di metri dal punto di arrivo della manifestazione – «il civico 8 è il limite» dice un agente nella video diretta su Facebook del giornalista Andrea Lodato – il lancio di alcuni fumogeni oscura la scena. Poco dopo, alcuni ragazzi hanno indossato i caschi e si sono sostituiti in parte alla testa del corteo. A pochi passi dal limite, la prima linea della manifestazione – circa una ventina di persone – comincia a correre verso la polizia. In quel momento parte la carica. Tecnicamente, hanno quindi cominciato i manifestanti. Ma la polizia era pronta e nervosa, come dimostra il doppio cordone di agenti che già da un quarto d’ora prima non faceva passare nessuno, tenendo sgombra la parte di via Etnea davanti alla villa Bellini. 

Peccato che anche lì ci fossero giornalisti e un centinaio, forse più, di curiosi. Intanto le camionette della polizia bloccavano gran parte di via Etnea; così come le vie laterali a via Umberto, dove si è svolta la manifestazione, erano state bloccate. Se il corteo avesse voluto defluire, non avrebbe potuto. E, nella migliore delle ipotesi, dopo una fine pacifica avrebbe dovuto sciogliersi girando su se stesso. Una scena mai vista. In ogni caso gli stessi organizzatori, nella pagina Facebook dell’evento Cacciamo RENZI e tutta la cricca, spiegano: «Il corteo determinato da piazza Iolanda ha raggiunto e forzato la zona rossa». In molti, oggi, discutono piuttosto se la reazione delle forze dell’ordine sia stata proporzionata o meno alla minaccia.

La bomba carta è esplosa prima o dopo la carica? Dopo. E non è stata quindi la causa scatenante della carica. Sebbene, insieme al lancio di bottiglie, abbia contribuito a fare innervosire ancora di più la polizia che ha cominciato a far sgombrare l’area davanti alla villa urlando e mostrando i manganelli a giornalisti e cittadini per convincerli ad allontanarsi in fretta.

Chi erano questi «infiltrati che hanno rovinato un corteo pacifico»? Semplicemente, non erano degli infiltrati. Che in quel caso difficilmente avrebbero potuto prendere la testa del corteo portando lo striscione principale. Leggendo il resoconto di giornalisti e testimoni, sembra che la confusione delle prime ore sugli autori della forzatura del blocco sia da attribuire alla presenza dei giovani dei centri sociali palermitani. Facce non conosciute, ma soprattutto con delle pratiche a cui le piazze di Catania, almeno negli ultimi anni, non sono abituate. Tra queste, le minacce agli altri manifestanti e ai giornalisti di abbassare telecamere e macchine fotografiche per non essere ripresi. 

Comunque, alla testa del corteo, in effetti c’erano i palermitani – che hanno dei legami politici forti con alcuni gruppi catanesi, tra cui il collettivo Aleph a cui appartengono i due giovani fermati ieri sera – ma non solo loro. C’erano anche ragazzi catanesi che hanno deciso di manifestare così il loro dissenso. Con una pratica che, stando a sentire altre testimonianze, era ben chiara ad alcuni anche prima del corteo.

In mezzo a questi nodi, ci sono poi gli articoli e gli editoriali dedicati al caso sulla stampa locale. Tra chi ringrazia la polizia, chi prende in giro quelli che ad alcuni sono sembrati i black bloc in salsa sicula e le foto dell’armamentario diffuse dalla Questura. Ben oltre la cronaca di un evento e riassumibile con la testimonianza di Massimo Malerba su L’Urlo: «Ovviamente, non si parlerà del grande corteo pacifico: non fa notizia. Me lo fanno capire anche le parole di una giornalista che ho captato durante il corteo: “Ma questi non rompono neanche una vetrina?”». Forse non erano solo i manifestanti a volere fare un’azione eclatante. Forse anche per i giornalisti Catania per un giorno poteva essere Genova. Ma non lo era.

Salvo Catalano

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