Rabia, interprete nell’addestramento dei libici «Licenziato dalla Marina per ordini dall’alto»

Da alcuni mesi le marine militari di mezza Europa addestrano la guardia costiera libica. Italiani, olandesi, tedeschi, greci, inglesi e così via solcano le acque che separano la Sicilia dalla Libia nell’ambito della missione EunavForMed, provando a spiegare le tecniche per abbordare le navi sospettate di trasportare droga, armi o esseri umani. Per farlo, però, hanno bisogno di una squadra di interpreti e tra questi c’è Rabia Bouallegue, palermitano nato da genitori tunisini, che per circa tre mesi ha lavorato a bordo della nave olandese Rotterdam e della nave italiana San Giorgio. Poi improvvisamente, prima della scadenza del contratto, la chiamata: «Licenziato per giustificato motivo soggettivo – racconta il diretto interessato -. Ho provato a chiedere spiegazioni ma mi è stato risposto che erano ordini dall’alto coperti da segreto». Unico della squadra di interpreti a essere mandato a casa, Bouallegue si è rivolto a un consulente del lavoro perché ha il sospetto che dietro l’allontanamento ci siano le sue idee politiche e la sua fede. «Ero l’unico musulmano sciita praticante a bordo e non l’ho nascosto, pregavo cinque volte al giorno, rispettavo alcune restrizioni alimentari. E poi – aggiunge – non ho fatto mistero delle mie simpatie per Hezbollah». Accuse a cui la Marina militare italiana, contattata da MeridioNews, replica: «Solo una variazione del personale interessato, sia militare che civile esterno alle unità». 

Rabia ha 29 anni, studia Scienze politiche e relazioni internazionali, e il suo passato è segnato dall’impegno da attivista in difesa dei diritti umani, anche nei Centri di identificazione ed espulsione. Prima di imbarcarsi con la Marina militare, viaggia tra Lituania, Finlandia, Inghilterra e Germania, tra un’esperienza di studio e una di lavoro. Poi, alla fine della scorsa estate, un amico gli suggerisce di candidarsi al ruolo di interprete per la missione EunavForMed, operazione militare dell’Ue, a guida italiana, lanciata il 22 giugno 2015 con lo scopo di combattere il business dei trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo e che, un anno dopo, aggiunge un obiettivo: l’addestramento della Guardia costiera e della Marina libica. A selezionare gli interpreti e assumerli, per conto della Marina militare italiana, è l’associazione Officina per gli studi medievali di Palermo. Rabia ha frequentato l’istituto nautico, è cittadino italiano, non ha precedenti penali e parla fluentemente l’arabo. Elementi che gli permettono facilmente di essere assunto. 

E il 26 ottobre parte per la Libia a bordo della nave olandese Rotterdam. «La situazione era tranquilla – racconta – io stavo sempre a fianco dell’addestratore militare, sia in classe che durante l’addestramento pratico. Gli olandesi hanno messo a disposizione un imam militare e hanno adibito un alloggio a moschea». Rabia rimane a bordo per circa un mese, fino alla fine di novembre. «Eravamo due interpreti. Gran parte dei libici erano ragazzi nati nel ’92-’93, mi è sembrata più un’armata brancaleone, inviati in fretta e furia, motivati sicuramente dalla volontà di migliorare la loro situazione economica, visto che dal governo libico non ricevevano stipendi da agosto. Poi c’erano anche alcuni veterani, colonnelli spinti da ben altre motivazioni: risolvere la situazione in Libia e avere una Guardia costiera efficiente». Il 29enne italo-tunisino assiste alle lezioni sul riconoscimento delle navi sospette, sull’abbordaggio, su come tappare una falla e così via. 

I problemi, stando al racconto di Rabia, iniziano a bordo della nave San Giorgio. «C’era grande disorganizzazione e i civili venivano alloggiati in ambienti dove le condizioni igieniche erano scarse. Noi interpreti eravamo nella parte bassa della nave, bagni e docce non funzionavano, e c’era una falla nella paratia esterna da dove entrava acqua di mare. Mi sono lamentato e non sono stato il solo». Il portavoce della Marina militare, Antonello De Renzis Sonnino, replica che «le navi e le sistemazioni in esse comprese sono periodicamente interessate da manutenzioni da parte di personale tecnico-specialista; comunque – precisa – in caso di possibili inefficienze tecniche, è sufficiente una segnalazione al personale di bordo per la soluzione del problema». «Lo abbiamo fatto, ma ci hanno ignorati», ribatte Rabia. 

L’esperienza a bordo della San Giorgio viene sospesa temporaneamente prima di Natale. L’equipaggio si saluta, dandosi l’arrivederci all’anno nuovo. «Sembrava tutto ok, ma il 23 dicembre ricevo la comunicazione dall’azienda che mi ha assunto: “Licenziato per ordini dall’alto”». Rabia prova a chiedere spiegazioni, che però non trova. Dall’Officina degli studi medievali confermano che hanno dovuto eseguire una disposizione della Marina che avrebbe sottolineato come il motivo fosse coperto da segreto. A MeridioNews, il portavoce Sonnino sottolinea: «Non esiste niente da rilevare sul signor Bouallegue, l’attività di addestramento dei libici è composta da moduli successivi di due settimane, con variabilità nel numero dei frequentatori e anche del personale di supporto. Siamo passati da una condizione iniziale di due navi coinvolte a una sola nave con conseguente variazione del personale interessato, sia militare che civile esterno alle unità. Pertanto si sono verificati numerosi cambiamenti nella composizione dei team coinvolti nell’attività».

Il 29enne italo-tunisino, unico interprete licenziato dall’ente palermitano prima della scadenza del contratto, ripercorre con la mente i mesi passati a bordo, alla ricerca di un motivo. «Oltre a praticare la mia religione, ho avuto modo di confrontarmi con altri interpreti sulle mie idee politiche, sul mio avvicinamento all’islam sciita degli ultimi anni, sulle mie simpatie per Hezbollah (movimento paramilitare sciita, nato in Libano, e accusato da Usa e Europa di atti terroristici, ndr) e sulla questione palestinese. Fino a qualche anno fa non ero un musulmano praticante, ma l’avanzata dell’Isis (di matrice sunnita, ndr) mi ha messo in crisi rispetto alla mia fede, l’atteggiamento morbido di una parte del mondo sunnita rispetto agli estremismi mi ha imbarazzato. Ho cominciato a studiare, ad approfondire e ho abbracciato l’islam sciita, il più autentico. Quando ero a bordo della nave Rotterdam scrivevo la mia tesi di laurea proprio su Hezbollah, eppure nessuno mi ha fatto paranoie. Forse per gli italiani è diverso». E se, per contro, la Marina riferisce di aver ricevuto «solo giudizi positivi dagli oltre 60 fedeli musulmani imbarcati», adesso l’ultima parola potrebbe spettare a un giudice del Lavoro.

Salvo Catalano

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