Lo chiediamo a voi. Disoccupati, imprenditori in ginocchio, giovani che stanno per emigrare. Padri e madri di famiglie sempre più povere: è giusto prevedere l’ennesima proroga ai contratti dei precari degli enti locali siciliani?
La domanda non è peregrina. Parliamo di un esercito di persone (si parla di 20mila, in realtà sono molti di più) arruolata dalla politica che nell’ultimo decennio ha alimentato quel sistema clientelare di cui oggi paghiamo un caro prezzo. Di persone che lavorano in enti pubblici senza mai avere fatto un concorso. E sulla cui produttività-utilità ci sono molti dubbi. Parliamo ciò della prova concreta di una politica che, invece di usare i soldi pubblici, per creare sviluppo, li ha usati per garantirsi sicuri bacini elettorali.
Oggi, con una Sicilia allo stremo, e con la solita classe politica, ci ripropongono la manfrina di una proroga che costerà almeno 300 milioni di euro l’anno e che sarà pagata da noi tutti: con tagli ai servizi e con nuovi balzelli più o meno occulti. Quello che sta succedendo è chiaro: i politici, temendo una nuova campagna elettorale, non vogliono correre il rischio di perdere voti nei loro covi storici. E pur di salvare qualche voto, ancora una volta destinano una cascata di soldi pubblici al mantenimento di una casta. Ne ‘salvano’ 20/25mila per salvarsi. Mentre i giovani e i meno giovani che pure avrebbero titoli per lavorare nella pubblica amministrazione continuano ad emigrare. Mentre le imprese chiudono e licenziano. Mentre le famiglie siciliane continuano a brillare nelle vette delle classifiche di povertà.
Questo è sviluppo? Questa è una seria politica economica? In queste ore stanno provando a venderci la farsa della bontà del governo Letta che si accingerebbe a dare una mano alla Sicilia per garantire i precari. Si tratta di una bugia. La norma che sarà inserita nella Legge di stabilità al momento al vaglio della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, è solo un salvacondotto. Verrà ciò riconosciuta alla Sicilia la possibilità di sforare dai limiti imposti alle spese degli enti locali. Il Governo nazionale, cioè, fornirà l’alibi giuridico a quei deputati siciliani che governano con Letta, e che si sono fatti portavoce di questa istanza per meri scopi elettorali. Ma non ci metterà un euro. Le risorse, lo ripetiamo saranno prelevate dalle tasche dei siciliani.
Ovvio che dispiace la prospettiva di nuovi disoccupati. Ma non è garantendo i privilegi ad una casta creata dalla mala politica che la Sicilia uscirà dalla crisi. Anzi è un modo per continuare a drogare l’economia. Il primo passo per una ripresa non può che passare dall’azzeramento di tutte le distorsioni. E dal cominciare a investire risorse pubbliche in settori e strategie che possano favorire l’occupazione, per tutti.
Voi cosa ne pensate?
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